deve essere aggiunto al valore di transazione se fornito al produttore extra UE?
di Piero Bellante.
La risposta al quesito posto nel titolo è: dipende. La Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) è intervenuta sull’argomento con la sentenza 10 settembre 2020, resa nella causa C-509/19 che ha visto contrapposte, da una parte, una nota casa automobilistica tedesca e, dall’altra, la dogana di Monaco di Baviera. Nel caso di specie la casa automobilistica forniva un software di controllo, elaborato nell’Unione europea, al produttore delle centraline di comando situato in un paese terzo ed oggetto di importazione nella UE. La funzione del software era quella di consentire il collaudo delle centraline stesse e di rilevare se eventuali vizi o difetti sopravvenuti a destino fossero originari oppure verificatisi in fase di trasporto.
Ai sensi dell’art. 71, comma 1, lett. b), punto iv), CDU 2013, il «prezzo pagato o da pagare», ai fini della determinazione del valore in dogana, deve essere integrato con il valore dei «lavori di ingegneria, di sviluppo, d’arte e di design, [dei] piani e [degli] schizzi eseguiti in un paese non membro dell’Unione e necessari per produrre le cose importate», qualora questi elementi non siano già compresi nel valore di fattura. Il valore dei software concepiti nell’Unione europea e forniti dal compratore/importatore comunitario al produttore/venditore del paese terzo, quindi, sembrerebbe non dover essere aggiunto al valore da dichiarare in dogana. Peraltro, l’ultimo comma dell’art. 71 cit. precisa che «sono addizionati al prezzo effettivamente pagato o da pagare solo ed esclusivamente gli elementi previsti dal presente articolo».
La Corte di giustizia dell’Unione europea, nella sentenza C-509/19, tuttavia, ha chiarito che «[l]’articolo 71, paragrafo 1, lettera b), del [codice doganale dell’Unione, n.d.r.], deve essere interpretato nel senso che esso consente, al fine di determinare il valore in dogana di una merce importata, di aggiungere al valore di transazione di quest’ultima il valore economico di un software concepito nell’Unione europea e messo gratuitamente dal compratore a disposizione del venditore stabilito in un paese terzo». La Corte, dopo aver richiamato la sua precedente giurisprudenza consolidata secondo cui il valore di un bene economico immateriale, come il software contenuto in una merce, deve essere considerato «parte integrante del prezzo pagato o da pagare per la merce e, pertanto, del valore di transazione» (v. per tutte, CGUE, C-306/04, punto 27), distingue, da una parte, le «prestazioni intellettuali necessarie alla fabbricazione della merce», che rientrano nella previsione dell’art. 71, comma 1, lett. b), punto iv), del Codice e che sono quindi da aggiungere al valore di transazione solo se siano «eseguiti in un paese non membro dell’Unione»; dall’altra, «gli elementi immateriali incorporati nelle merci importate e che sono necessari al loro funzionamento» indicati nella stessa norma al punto i) della lettera b): questi elementi, al pari delle altre «materie, componenti, parti ed elementi similari», se non sono compresi nel prezzo di fattura devono essere aggiunti al valore di transazione in conformità all’interpretazione, autorevole ma non vincolante, del Comitato del codice doganale, Sezione per il valore in dogana, istituito in seno alla Commissione europea (C-509/19, punto 20). Questo perché questa seconda categoria di beni concorre a determinare il valore economico del bene oggetto di transazione e rientra quindi tra gli elementi integrativi obbligatori del valore da dichiarare in dogana, ai sensi dell’art. 71, comma 1, lett. b), punto i), del Codice. Spetterà al giudice nazionale accertare in quale delle due categorie di beni immateriali rientri il software oggetto della vertenza portata all’attenzione della Corte UE.
La sentenza C-509/19, condivisibile nelle sue conclusioni, lo è di meno sotto il profilo del richiamo, nel caso di specie come in altri in precedenza, al principio cui sembra essersi ispirata: la Corte muove dalla considerazione secondo cui «la valutazione doganale mira a stabilire un sistema equo, uniforme e neutro che escluda l’impiego di valori in dogana arbitrari o fittizi. Il valore in dogana deve dunque riflettere il valore economico reale di una merce importata e tener conto di tutti gli elementi di tale merce che presentino un valore economico» (C-509/19, punto 13). Se questo è vero, e certamente lo è, questo principio rappresenta tuttavia il punto di arrivo del sistema in funzione antielusiva e non può esserne la premessa; si ricorre a questo principio, cioè, quando si sono rivelati insoddisfacenti tutti i percorsi per la determinazione del valore in dogana secondo il criterio principale del valore di transazione, eventualmente integrato, e secondo gli altri metodi secondari, solo al fine di non consentire la dichiarazione di valori arbitrari o fittizi
Partendo invece dalla ricerca immediata di un ipotetico valore economico reale ed oggettivo della merce il rischio è quello di un lento ma inesorabile ritorno al sistema che vigeva nella comunità internazionale prima dell’accordo interpretativo dell’articolo VII GATT (1947). L’accordo interpretativo, stipulato il 12.4.1979, ridisegnò i criteri ed i metodi per la determinazione del valore in dogana, capovolgendo la prospettiva dell’originario articolo VII GATT (1947) che ancorava il valore in dogana alle nozioni sfuggenti di «valore attuale» e di «prezzo normale», che conducevano di fatto all’individuazione di un ipotetico valore medio di mercato. Questo sistema non si era rivelato soddisfacente, a causa dell’aleatorietà di queste nozioni. Proprio per porre rimedio a queste criticità, l’accordo di interpretazione dell’articolo VII GATT (1947) sostituì al criterio del valore attuale il criterio del valore di transazione non condizionato ed eventualmente integrato, come criterio di base unitamente ai metodi secondari ordinati in modo gerarchico discendente, lasciando sullo sfondo come criterio di chiusura il ricorso al metodo di fall back (principi generali) in funzione antielusiva (v. Il valore in dogana secondo i metodi del «valore dedotto» e «fall back», in questa Newsletter, n. 5/2020, p. 1). Al contenuto dell’accordo fu data attuazione nella Comunità economica europea con il reg. (CEE) n. 1224/80, entrato in vigore nella CEE il primo luglio dello stesso anno e, nella comunità internazionale, il primo gennaio 1981; si trova oggi trasfuso negli artt. 69 ss. CDU 2013 e 127 ss. RE 2015.