Procedure doganali agevolate e “digital trade”, sistemi alimentari sostenibili e vantaggi per le piccole e medie imprese, energia e materie prime: un approccio moderno in un contesto precario
Overview generale
Il 9 luglio 2023, la UE e la Nuova Zelanda hanno firmato un Accordo di Libero Scambio (ALS) che il Vicepresidente esecutivo e Commissario per il Commercio, Valdis Dombrovskis, ha definito “un accordo commerciale di nuova generazione, con la possibilità per entrambe le parti di ottenere reali vantaggi economici e ambientali”.
Il 27 giugno 2023, con la Decisione (UE) 2023/1323, il Consiglio aveva autorizzato la firma dell’Accordo tra la UE e la Nuova Zelanda, a nome dell’Unione, con riserva della conclusione di tale Accordo. Le negoziazioni dell’Accordo erano iniziate il 22 maggio 2018 ed erano terminate, con esito positivo, il 30 giugno 2022. L’accordo potrà entrare in vigore solo dopo l’approvazione del Parlamento europeo, la ratifica dell’accordo da parte della Nuova Zelanda e la notifica reciproca delle due parti del completamento delle rispettive procedure interne.
Come enfatizzato anche da Johan Forssell, ministro svedese della Cooperazione internazionale allo sviluppo e del commercio estero, nell’attuale contesto geopolitico mondiale, dopo la pandemia da COVID-19 e l’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina, questo nuovo accordo, con un partner che condivide gli stessi principi come la Nuova Zelanda, è di fondamentale importanza tanto per la UE quanto per la strategia indo-pacifica dell’UE.
L’ALS offre grandi opportunità per le nostre imprese, i nostri agricoltori e i nostri consumatori, nonché per le controparti neozelandesi includendo, altresì, impegni sociali e climatici senza precedenti.
Un approccio di “nuova generazione”
L’Accordo integrerà infatti il nuovo approccio dell’UE al commercio e allo sviluppo sostenibile e interesserà prettamente i settori dell’agricoltura, del tessile, del digitale, dell’energia e, per la prima volta, dell’ambiente.
Entrambe le parti hanno concordato impegni ambiziosi in materia di Trade and Sustainable Development (TSD) che coprono un’ampia gamma di questioni, basati sulla cooperazione e sul rafforzamento dell’applicazione, compresa la possibilità di sanzioni come ultima risorsa in caso di gravi violazioni dei principi fondamentali del lavoro o dell’Accordo di Parigi. L’Accordo comprenderà, a tal fine, un capo dedicato ai sistemi alimentari sostenibili, un articolo dedicato al commercio e alla parità di genere e una disposizione specifica su commercio e riforma delle sovvenzioni ai combustibili fossili. In caso di gravi violazioni dei principi fondamentali del lavoro o dell’accordo di Parigi, l’ALS prevede, in ultima istanza, come accennato, il ricorso a sanzioni secondo un approccio primo del suo genere.
Si prevede che, una volta entrato in vigore, l’Accordo possa contribuire a una crescita del commercio bilaterale fino al 30%, mentre le esportazioni annuali della UE potrebbero aumentare fino a 4,5 miliardi di Euro.
Già dal primo anno della sua applicazione, l’Accordo può comportare un taglio dei dazi a carico delle imprese dell’UE pari a circa 140 milioni di Euro l’anno.
La struttura delle regole di origine
Il modello applicativo delle regole di origine riprende sostanzialmente la struttura dei più recenti accordi di libero scambio del tipo in argomento (si vedano, ad esempio, il c.d. Accordo Brexit, il JEFTA o le Regole “transitorie” PEM).
La UE e la Nuova Zelanda hanno concordato regole di origine che garantiscono che i prodotti che sono stati trasformati in modo significativo in una delle Parti potranno beneficiare delle preferenze tariffarie dell’accordo prevedendo che la documentazione sull’origine si fondi sui più recenti standard basati sull’autocertificazione da parte delle imprese per rendere l’utilizzo dell’accordo il più semplice possibile, soprattutto per le piccole e medie imprese.
Il testo delle norme di origine, pubblicato dopo i negoziati, rivela alcuni punti di interesse tra cui:
- La possibilità di utilizzare il metodo della segregazione contabile per materiali e prodotti fungibili alla condizione che ciò venga applicato in conformità con un metodo di gestione delle scorte secondo i principi contabili generalmente accettati nella Parte in cui viene utilizzato il metodo di separazione contabile. In tal senso, il metodo di segregazione contabile deve essere qualsiasi metodo che garantisca che in qualsiasi momento non vi siano più prodotti che ricevono il carattere originario di quanti ne riceverebbero se i materiali o i prodotti fossero fisicamente separati.
- Il principio di “non alterazione” secondo cui un prodotto originario dichiarato per uso domestico nella Parte importatrice non deve, dopo l’esportazione e prima di essere dichiarato per uso domestico, essere stato alterato, trasformato in alcun modo o sottoposto a operazioni diverse dalla conservazione in buono stato o dall’aggiunta o apposizione di marchi, etichette, sigilli o qualsiasi altra documentazione per garantire la conformità ai requisiti specifici della Parte importatrice. L’articolo in parola prevede, in ogni caso, la possibilità di frazionamento delle partite in un Paese terzo a condizione che tali partite non vengano sdoganate in tale Paese terzo.
- La certificazione dell’origine preferenziale attraverso la “attestazione di origine” rilasciata dall’esportatore di un prodotto sulla base di informazioni che dimostrano che il prodotto è originario, comprese, se del caso, informazioni sul carattere originario dei materiali utilizzati nella produzione del prodotto. L’esportatore è responsabile della correttezza dell’attestazione di origine e delle informazioni fornite. L’Accordo precisa, inoltre, che l’autorità doganale della Parte importatrice non dovrebbe respingere una richiesta di trattamento tariffario preferenziale a causa di errori o discrepanze di lieve entità nell’attestazione di origine. In tal senso, la modalità di certificazione dell’origine preferenziale prevista dall’Accordo sarà costituita dal sistema degli esportatori registrati “REX” e, in linea con l’approccio “customs and trade facilitation” e “digital trade”, nonché in continuità con i più recenti accordi di libero scambio, non è prevista la possibilità di dichiarare l’origine preferenziale attraverso certificati rilasciati dalle Autorità doganali quali, ad esempio, il documento EUR.1.
- Oltre alla attestazione di origine, è prevista altresì la possibilità di utilizzare l’istituto della “conoscenza dell’importatore” tale per cui un importatore può richiedere l’applicazione di un trattamento preferenziale sulla base di informazioni che dimostrano che il prodotto è originario secondo le regole previste dall’Accordo.
- Tra le regole di origine preferenziale è interessante segnalare la previsione contenuta nella definizione di “VNM”[1] tale per cui se il valore dei materiali non originari non è noto e non può essere accertato, si utilizza il primo prezzo accertabile pagato per i materiali non originari nell’Unione o in Nuova Zelanda. Inoltre, la previsione aggiunge che il valore dei materiali non originari utilizzati nella produzione del prodotto può altresì essere calcolato sulla base della formula del costo medio ponderato o di un altro metodo di valutazione delle scorte secondo i principi contabili generalmente accettati nella Parte.
La crucialità della pianificazione doganale e del ruolo del Doganalista
Appare evidente come il panorama economico, politico e sociale attuale si caratterizzi sempre di più dalla interdipendenza dei diversi Paesi e delle loro imprese su dimensione mondiale. Ciò ha portato la dottrina economica internazionale a definire la globalizzazione come la “terza rivoluzione industriale”.
In tale contesto, le imprese hanno ridisegnato le proprie supply value chain considerando, da un lato, i potenziali vantaggi della delocalizzazione in mercati esteri dove il costo della manodopera o delle materie prime potesse portare a condizioni di maggiore efficienza produttiva senza compromettere la efficacia del prodotto finito e, dall’altro, la possibilità di affacciarsi in mercati oltre i confini nazionali in modo consolidato all’interno del proprio modello di business. Basti pensare alle cosiddette imprese “born global”, il cui sistema di offerta viene da subito concepito per un mercato internazionale e proposto contemporaneamente in più Paesi.
Tale dimensione internazionale dei processi, se da un lato può comportare una migliore efficienza e/o efficacia dei processi, dall’altro impone una attenta analisi delle questioni doganali collegate allo scambio internazionale di beni e servizi. Proprio in tal senso, in sede di incontro WTO, si è detto che «la competitività delle imprese e la loro crescita non sono più determinate soltanto dall’attrattività dei prodotti, ma – in maniera sempre più crescente – dalla corretta pianificazione dei tempi, dei costi e delle procedure doganali adottate», in linea con la filosofia del Legislatore unionale che individua nelle Dogane «una funzione di guida nella catena logistica [che le rende], nella loro attività di monitoraggio e gestione del commercio internazionale, un catalizzatore della competitività dei paesi e delle società» (Considerando n. 16 CDU).
Proprio in forza della sua portata a 360° nella definizione del piano strategico aziendale, l’attività di pianificazione doganale è stata definita come una attività progettuale, continuativa, propositiva e multidisciplinare (F. VISMARA, La pianificazione doganale e il ruolo dei doganalisti, in Il Doganalista, n. 6, 2015, pp. 15 ss).
Se quindi è vero che la completa integrazione della analisi di pianificazione doganale nello schema decisionale del complesso aziendale richieda investimenti in termini, tra gli altri, di un sistema informatico analitico che permetta una gestione dei dati “doganali” in modo corretto, completo e tracciabile, è altresì vero che tale modello aziendale risulterebbe decisamente premiante sotto il profilo della pianificazione, gestione e ottimizzazione delle performance aziendali in virtù delle potenzialità che gli istituti di diritto doganale offrono in tal senso.
…e quale figura professionale, se non quella del Doganalista, potrebbe garantire un così ampio ventaglio di conoscenze e competenze, dagli aspetti strategici a quelli operativi, per accompagnare le imprese, grandi, medie o piccole, in queste sfide dettate da un mercato senza confini ma che vede proprio nei confini un momento di cruciale importanza?
Gianluca Sigismondi
AnaspeDoganaGiovani
[1] Value of non-originating materials, ossia il valore dei materiali non originari utilizzati nella produzione del prodotto, ovvero il suo valore in dogana al momento dell’importazione, compresi il trasporto, l’assicurazione, se del caso, l’imballaggio e tutti gli altri costi sostenuti per il trasporto dei materiali al porto d’importazione della Parte in cui si trova il produttore del prodotto.