Bruxelles, 28 Febbraio 2018. La Commissione Europea presenta una bozza del “Withdrawal Agreement” della Gran Bretagna e dell’Irlanda del Nord dall’Unione Europea (UE) e dalla Comunità Europea per l’Energia Atomica (Euratom). Si tratta “solo” di una prima versione, sarà oggetto di integrazioni, discussioni, negoziati per arrivare, obiettivo Ottobre 2018, alla versione finale.
Quest’ultima, una volta ratificata, aprirà il periodo di transizione. L’articolo 121 della bozza prevede infatti, fermo restando l’uscita del Regno Unito dall’UE il 30 Marzo 2019, una parentesi lunga quasi due anni. Si tratta di una “dilazione”, richiesta dal Regno Unito e accordata dall’UE, che si chiuderà il 31 Dicembre 2020.
Il “Withdrawal Agreement” offre una base per negoziare regole applicabili ai procedimenti ed alle questioni che saranno ancora aperte alla data in cui il Regno Unito cesserà di far parte degli “Stati Uniti d’Europa”, questioni numerose vista la condivisione e l’armonizzazione nel “matrimonio” UE – Regno Unito, durato più di quarant’anni.
La bozza dell’Accordo tocca, infatti, molteplici sfaccettature. Dai diritti ed obblighi dei cittadini alla proprietà intellettuale, passando per gli aspetti finanziari ed istituzionali. Ultimo, ma non meno importante, la parte terza del draft è dedicata alla parte fiscale/doganale durante il periodo di transizione, temi “storici” dell’Unione Europea che conosciamo oggi.
L’UE nasce, infatti, dall’esigenza di creare un mercato (e più in generale uno spazio) comune, unito al suo interno e compatto verso l’esterno.
Alla base vi sono, semplificando e senza essere esaustivi, la libera circolazione delle merci (Parte Terza, Titolo II TFUE), la cooperazione doganale ed amministrativa (Parte Terza, Titolo II Capo 2 TFUE e Parte Terza, Titolo XXIV TFUE), l’adozione di una posizione comune verso l’esterno (Parte Quinta TFUE, in particolare Titolo II).
Dal punto di vista della libera circolazione e della cooperazione, la bozza di “Withdrawal Agreement” introduce continuità durante, ma anche dopo, il periodo di transizione.
In particolare, per quanto riguarda gli scambi commerciali, i regimi doganali “in corso” e le merci in situazione di custodia temporanea, l’articolo 43 del draft pone il seguente principio generale: la legislazione applicabile ad un’operazione nel momento in cui la stessa ha avuto inizio continua ad essere valida sino al suo completamento. L’onere di provare quando è cominciata una spedizione e lo status dei beni in quell’istante cade in capo al soggetto che effettua l’operazione. La prova dello status unionale della merce non potrà basarsi sulla presunzione ex art. 153 Reg. UE 952/2013 ma dovrà essere fornita con i mezzi previsti all’art. 199 Reg. UE 2447/2015.
Così, ad esempio, una ditta polacca che spedisce il 27 Dicembre 2020 un camion di merce, DAP Londra, dovrà provare l’inizio della spedizione con la CMR e lo status di merce unionale con un T2L. La ditta polacca, se non è emittente autorizzato, dovrà rivolgersi ad uno spedizioniere per l’emissione del documento e farsi carico del costo amministrativo.
La continuità nella cooperazione doganale ed amministrativa è espressa negli articoli 93 e seguenti della bozza di Agreement. Mutua assistenza tra Regno Unito e UK non solo durante il periodo di transizione ma anche per i 3 anni successivi al 31 Dicembre 2020. Le aree di cooperazione sono dettagliate nell’Annex y + 2 della bozza e vanno dalle imposte indirette (Reg. UE 904/2010 e Reg. UE 389/2012 rispettivamente per IVA e Imposte Speciali), al recupero degli oneri doganali (Direttiva 2010/24/UE) e all’export control (art. 19 Reg. CE 428/2009).
Ipotizziamo un movimento di transito esterno che inizia a Barcellona e termina a Londra il 28 Marzo 2019. Supponiamo che il transito non sia stato appurato correttamente e che Barcellona chieda a Londra i risultati del controllo i primi di Aprile 2019, Londra dovrà prestare la collaborazione necessaria nella procedura di ricerca ex art. art. 310 Reg. UE 2447/2015.
Oppure immaginiamo una ditta francese che a Novembre 2020 esporta un prodotto acquistato da un fornitore UK. A seguito di un controllo la dogana francese richiede, a Gennaio 2021, un INF 4 all’esportatore ex art. 64 Reg. UE 2447/2015. La dogana competente nel Regno Unito non potrà rifiutare l’emissione di detto documento.
Per quanto riguarda, infine, la posizione comune verso l’esterno, dalla bozza di Agreement traspare che durante il periodo di transizione il Regno Unito potrà continuare a beneficiare degli accordi internazionali conclusi dall’UE e della politica commerciale comune, rispettando tuttavia la competenza esclusiva dell’UE in materia (articoli 123-124 del draft di “Withdrawal Agreement”).
Una negoziazione di nuovi accordi commerciali che dovrà necessariamente attendere il 2021 porta ad un post 31 Dicembre 2020 di incertezza. Ci saranno dazi, barriere non tariffarie negli scambi UE-UK? Come verrà applicata la regola del cumulo, in caso di prodotti fabbricati in UK, nell’attribuzione dell’origine preferenziale?
Se Regno Unito e UE sottoscriveranno un accordo di libero scambio, seguendo ad esempio il modello svizzero, allora l’abbattimento del dazio all’importazione nelle rispettive aree doganali dovrebbe fondarsi sulla trasformazione sufficiente, prevista dall’eventuale accordo e, forse, potrebbe nuovamente essere applicabile il cumulo con beni UK.
Se, al contrario, Regno Unito e UE manterranno in vita un’unione doganale, le merci potrebbero circolare tra UK e UE senza pagamento del dazio in virtù della libera pratica, come accade con il documento ATR tra UE e Turchia, ma anche come succede già oggi nell’UE. Tale soluzione, tuttavia, non offrirebbe risposte circa l’applicazione del cumulo.