Premessa
Nei contratti di compravendita, non è infrequente che uno o più beni forniti in origine dal cedente vengano poi resi dal cessionario.
Le rese di beni hanno una criticità generalizzata, nel senso che la problematica può verificarsi tanto a livello domestico (rapporti fra cedenti e cessionari dello stesso Paese), quanto in ambito internazionale (quando una parte è residente in un Paese diverso dall’altra).
Alla “naturale” criticità della gestione resi, si affianca peraltro anche la constatazione che il problema tende ad aggravarsi particolarmente nei rapporti con l’estero (per la difformità di norme applicabili), sia per il fatto che essa può alternativamente interessare
-rapporti B2B (business-to-business)
-rapporti B2C (business-to-consumer) e strumenti operativi
-tradizionali (cessioni “fisiche” di beni)
-innovativi, come accade nel caso dell’e-commerce
Data la notevole diffusione in corso dell’e-commerce, è utile affrontarne la questione, sul lato delle rese di prodotto, e in particolar modo con riferimento alle operazioni di reimportazione di un bene precedentemente esportato.
Pare utile, ai fini dell’analisi, richiamare peraltro alcuni concetti di base in tema di resi.
1. Le criticità contrattuali
a) aspetti generali nazionali
La problematica in esame interessa, a ben vedere, diversi aspetti operativi, in specie collegati con
criticità contrattuali
criticità fiscali e doganali
Limitando, temporaneamente, il focus alle sole problematiche contrattuali, va segnalato, innanzi tutto, come la disciplina dei resi giocoforza riguardi contratti di compravendita (art. 1470 c.c.), non esistendo il presupposto del “reso” per una prestazione di servizi.
Declinando tale assunto nell’ambito del commercio elettronico, ciò significa che la problematica dei resi riguarda esclusivamente l’e-commerce “indiretto” (che la prassi, almeno in Italia, parifica a una “vendita a distanza” o “per corrispondenza”) e mai l’e-commerce “diretto” (sostanzialmente parificato dalla dottrina e dalla prassi a una prestazione di servizi).
Per quanto attiene alle ragioni al fondo di una resa di beni, si deve sottolineare che tale circostanza è riconducibile a casistiche quali:
-presenza di vizi della cosa (palesi oppure occulti)
-non conformità del prodotto ordinato rispetto a quello ricevuto
-difetto di qualità;
casi previsti in varie norme dal legislatore civilistico nazionale, e per il quale il Codice Civile prevede appositi strumenti a garanzia della parte acquirente.
In senso generale, e con riferimento alla vendita, il venditore è tenuto a garantire il prodotto da vizi (art. 1476, 1490 c.c.), mentre il caso di difetto di qualità è previsto dall’art. 1497 c.c.
Da un punto di vista normativo, tuttavia, le norme civilistiche citate debbono essere affiancate (quanto meno in Italia) dalle norme del Dlgs 206/05, noto come Codice del Consumo, norma quest’ultima che opera nei rapporti B2C, mentre il Codice Civile opera nei rapporti B2B.
b) aspetti generali nel commercio estero
La situazione si stratifica ulteriormente ricordando, in sintesi, che, quando il rapporto è di tipo B2B o B2C con la controparte estera, intervengono le norme internazionali delle convenzioni di Vienna 1980, Roma I e Roma II.
Si tratta di norme utilizzate per dirimere controversie interpretative nei contratti tra controparti di Paesi diversi, che dettano regole proprie inerenti, ad esempio, al diritto applicabile al contratto, agli obblighi delle parti, e via discorrendo.
2. La disciplina specifica dell’e-commerce
L’impetuoso sviluppo del commercio elettronico (e-commerce) ha determinato, in tempi ragionevolmente brevi, la necessità di normare in maniera specifica il settore, stante le caratteristiche peculiari riconducibili ad esso.
In tale ambito, operano in Italia le norme del Dlgs 70/2003 (che si integrano con le altre citate), in un quadro normativo oggettivamente complesso e in divenire.
2. La gestione dei resi di beni sull’estero
a) aspetti generali
Posto quanto detto sinora, particolare attenzione merita l’aspetto connesso con le procedure di reso, in specie nelle cessioni verso l’estero.
Sotto tale profilo, naturalmente va discriminata la casistica fra
-cessioni unitarie
-cessioni extraunitarie;
che merita un approfondimento separato dei casi.
a.1) cessioni unitarie
Per quanto concerne i resi connessi con operazioni unitarie, l’inesistenza nella Ue delle procedure doganali (per l’abolizione ab origine delle dogane nazionali) priva la problematica degli aspetti connessi con l’attraversamento doganale dei beni in resa.
Saranno quindi le norme di legge applicate al contratto a stabilire la base delle procedure di resa e, in parallelo, si determineranno gli obblighi documentali e di registrazione contabile dei documenti fiscali connessi alla pratica di reso, secondo le norme attualmente previste nella disciplina Ue per le vendite a distanza sopra e sotto soglia di 10.000,00 euro.
Inoltre, sarà necessario prestare attenzione alla gestione dei documenti probatori dell’operazione rettificativa, similmente a quanto accade per le cessioni di riferimento, sulla scorta delle attuale procedure probatorie previste all’interno dell’Unione.
a.2) Cessioni extraunitarie e disciplina dei resi
Indubbiamente più complesso, come sempre accade, il parallelo caso di operazione di reso inerente a un’originaria esportazione.
Da un punto di vista tecnico, infatti, l’art. 154 del Codice Doganale dell’Unione (Cdu) stabilisce che, una volta completate le procedure di export e uscita la merce dal territorio doganale unitario, questa perda lo status di merce unionale.
Ciò implica, in senso lato, che un’eventuale rientro della stessa nel territorio unitario configurerebbe un importazione, soggetta (di base, salvo deroghe) alla corresponsione in dogana dei dazi, dell’iva e di eventuali, ulteriori, diritti di confine.
Posta la questione in questi termini, si dovrebbe concludere giocoforza come i resi di beni fuoriusciti dall’Unione finiscano per configurare una importazione successiva.
A ben vedere, tuttavia, non avrebbe completamente senso una tale conclusione, essendo il reso un’operazione collegata a un export precedentemente concluso.
Di questo il legislatore unitario si è convinto, stabilendo nel Cdu il concetto di reintroduzione in franchigia (art. 203), seppur sottoponendolo a particolari vincoli operativi (onde evitare abusi ed evasione di tributi).
Prima di procedere oltre, tuttavia, va chiarito che le norme del Cdu sono norme connesse con le procedure doganali e, in specie, con la corresponsione di dazi, mentre altre sono le norme in termini di iva da riscuotere in dogana.
b) La reintroduzione in franchigia – limiti operativi
Come cennato poc’anzi, è possibile reintrodurre beni originariamente esportati, senza corresponsione di dazi e diritti di confine, ma a precise condizioni operative (presupposti operativi), quali
limite temporale alla reintroduzione
I beni oggetto della procedura non scontano diritti di confine solo se vengono resi entro tre anni dalla loro originaria esportazione.
presentazione della richiesta di reintroduzione
La procedura deve essere attivata in sede doganale attraverso apposita richiesta in tal senso da parte del dichiarante doganale (chi riceve il reso, anche a mezzo di delegato).
caratteristiche della merce resa
Onde evitare abusi fiscali-doganali, sostanzialmente i beni debbono rientrare allo stato originario (“tal quale”), ossia essa non debbono aver subito lavorazioni, trasformazioni, ecc., salvo interventi conservativi o di mantenimento degli stessi.
A corollario, la merce deve presentare la stessa origine che aveva al momento dell’export la stessa classificazione doganale che aveva al momento dell’export
Il legislatore, peraltro, consente resi anche Inoltre, alle condizioni sopra indicate, è possibile anche il reso parziale della merce originariamente fornita.
3. La reintroduzione in franchigia nell’e-commerce
Posto quanto sopra, il legislatore è intervenuto sulla vexata quaestio della gestione dei resi in caso di reintroduzione, in abbinamento, tuttavia, con procedure di e-commerce.
Sul punto, si è trattato di un percorso progressivo di affinamento delle norme, che ha prodotto in breve tempo, una serie di interventi di prassi (Dett. Dirr. 329619/RU, 326059/RU, 386291/RU, 419205/RU, nonché le Circolari 37/2020, 46/2020).
I vari interventi di prassi hanno integrato la previgente gestione del reso in franchigia.
Il sistema procedurale attuale prevede quanto di seguito indicato.
3.a) sistema previgente
Il sistema preesistente prevede che la richiesta di reintroduzione in franchigia sia assistita dalla presentazione di
– copia della dichiarazione di esportazione
-altra documentazione atta alla verifica della congruenza fra merce originariamente esportata e merce in rientro (compresa la mancanza di trattamenti sulla merce, come detto in precedenza).
3.b) procedura semplificata
L’Autorità doganale, rilevando come la procedura “tradizionale” tenda a mal attagliarsi con lo sviluppo dell’e-commerce (noto per le tempistiche molto ridotte di esecutività), ha introdotto, con tappe successive, un sistema semplificato di operatività.
Conosciuto anche come Easy Free Back, il meccanismo operativo è stato inizialmente pensato per le imprese di maggiori dimensioni, operanti tramite piattaforme marketplace, salvo poi estendere la procedura all’e-commerce tout court, anche non coinvolto da architetture operative particolarmente complesse.
La procedura prevede i seguenti meccanismi operativi.
b.1) iscrizione al RetRelief (RR)
Presupposto per l’utilizzo della procedura semplificata è l’iscrizione del soggetto interessato dal reso (o da resi futuri) in un apposito elenco detenuto dalla Direzione Dogane, detto RetRelief (Returned goods – Relief from import duty, RR).
Per accedere all’iscrizione, il soggetto interessato deve ottenere l’autorizzazione allo sdoganamento presso “luogo approvato”, nonché per “destinatario autorizzato transito”.
La prima opzione si riferisce alla possibilità di sdoganare le merci in luogo diverso da quello dei locali doganali, previa autorizzazione (si pensi allo sdoganamento “in house” presso la propria sede nelle rese exw).
Il secondo caso, invece, prevede un’autorizzazione per effettuare in locali diversi da quelli doganali le operazioni connesse con i transiti di merci.
b.2) presupposti generali di reintroduzione
Pur essendo procedura semplificata, il RR richiede che sussistano i vincoli sopra indicati per quanto attiene alla merce resa (merce non trasformata, medesimo soggetto esportatore-reimportatore, ecc.).
b.3) presupposti ulteriori
Il richiedente deve possedere il codice Eori e dimostrare la corretta tenuta delle scritture contabili riferite all’operazione in essere
l’abbinamento alla documentazione doganale delle operazioni poste in essere (export, reintroduzione) tracciabilità del singolo prodotto mediante codice univoco identificativo possibilità di accesso degli organi doganali alle scritture contabili, a fini di controllo
possibilità per gli organi di controllo di accesso alla piattaforma marketplace del contribuente
L’autorizzazione aveva durata pari a un anno.
Questa prima formulazione, prevista dalla Circ. 37/2020, vincolava tuttavia il meccanismo a due ulteriori presupposti
-effettuazione in un mese di almeno 100 reintroduzioni di beni in franchigia
-ottenimento di un’autorizzazione preventiva (alle condizioni sopra indicate).
Dopo una prima (breve) fase di sperimentazione, nella quale il Ministero richiedeva ulteriori presupposti, quali la numerosità mensile delle operazioni di reso (inizialmente 100, poi scese a 50 con la Determinazione 386291/RU), e la richiesta di un’autorizzazione preventiva a durata limitata (un anno), il legislatore ha ulteriormente ridotto i limiti operativi della procedura.
Infatti, con la Det. 419205/RU, il legislatore ha
-eliminato l’obbligo di preventiva, apposita autorizzazione, da abbinare alla richiesta di iscrizione al RR
-eliminato i limiti al numero delle operazioni di reso
-esteso il sistema sopra descritto anche ad imprese “del settore manifatturiero e commerciale che non promuovono le proprie attività per il tramite di piattaforme di marketplace”.
Per quanto attiene alle altre specifiche, vengono confermate le prescrizioni della prassi precedente, compresa la possibilità di controlli posteriori in impresa da parte dell’Agenzia delle Dogane rispetto al momento dell’esecuzione del reso.
Come per le altre determine, si precisa che
-a discrezione dell’impresa
-in assenza delle condizioni vincolanti specificate
è sempre possibile ricorrere alla procedura previgente.
4. L’aspetto connesso con l’iva
Come precedentemente accennato, la procedura di reintroduzione, di per sé, inerisce all’applicazione di dazi e diritti di confine.
Diverso è l’impatto dell’operazione in termini di disciplina iva.
Per quanto attiene a tale aspetto, la Circ. 46/2020 richiama le norme vigenti in ambito iva, con particolare riferimento all’eventualità che il dichiarante benefici del regime degli esportatori abituali (art. 8, comma 1, lett. c) del Dpr 633/72.
Secondo la norma di prassi, per coloro che intendono usufruire dell’abbattimento iva in dogana, e sono “esportatori abituali”, sarà necessario coniugare la procedura in analisi con il disposto dell’art. 68, comma 1, lett. d) della legge iva.
Ribadendo che, anche nel caso di esportatori abituali, debbono essere rispettati i requisiti sopra indicati per beneficiare del regime di reintroduzione (coincidenza fra soggetto esportatore e soggetto che reintroduce i beni, mantenimento dello stato originario, ecc.), la Circ. ricorda che, al fine del computo del plafond, vanno osservate le prescrizioni di cui alla Sent. Cass. 25485/2019, la quale ha previsto che la rettifica del plafond spettante all’esportatore, nei casi (come quello in esame) di rettifica per sopravvenute operazioni successive, debba avvenire con riferimento all’anno di formazione dello stesso e non nell’anno di registrazione dell’operazione rettificante.