di Salvo Indaco
“Adesso servono investimenti in infrastrutture e innovazioni in linea con le esigenze di mercato”
Nell’ultimo anno l’export siciliano ha subito “un abbattimento del 50-60% del traffico”. È quanto afferma il delegato per la Sicilia di Anasped (Federazione nazionale spedizionieri doganali), Salvo Indaco. Una situazione critica che ha visto le aziende dare fondo alle proprie riserve “per cercare di andare avanti”. Dopo un supporto insoddisfacente da parte delle istituzioni nazionali e regionali, per Indaco adesso bisogna investire sulla sburocratizzazione, sulla digitalizzazione e sulle infrastrutture per dare nuova linfa al commercio.
Qual è lo stato di salute del vostro settore dopo un anno di pandemia?
“Il traffico in export ha avuto un abbattimento sostanziale. La crisi ha penalizzato i servizi e la richiesta dei prodotti finiti e destinati alla vendita in quanto le chiusure hanno determinato uno stop delle vendite. L’unico settore che è rimasto sempre attivo è quello delle materie prime, soprattutto delle materie prime plastiche. Sostanzialmente abbiamo riscontrato un abbattimento del 50-60% del traffico. Molte aziende hanno fatto fronte alle proprie liquidità e alle proprie riserve per cercare di andare avanti. Questo perché l’impatto con il sistema bancario non è stato favorevole in quanto non c’è stata una risposta fluida alle richieste di nuovi finanziamenti”.
Cosa si può fare per ripartire?
“Quello che è fondamentale è investire sulle infrastrutture. Al Sud abbiamo una penalizzazione del 25-30% per il costo del trasporto dovuta al fatto che i mercati sono quelli del Nord. Serve anche un approccio diverso alla capacità delle aziende di recuperare liquidità. La ricetta è banale: infrastrutture, capacità di accedere ad una liquidità in maniera più snella, sburocratizzando tutte le procedure che ancora oggi ci penalizzano. Tra le urgenze necessarie per il settore, inoltre, individuiamo l’adeguazione, da parte delle istituzioni locali, del porto di Catania alla nuova normativa comunitaria con l’istituzione del Pcf (Posto di controllo frontaliero) in modo da scongiurare la perdita dei traffici acquisiti in decenni di lavoro”.
Il lavoro fatto da Governo nazionale e regionale vi ha aiutato per affrontare la crisi?
“Le innovazioni non sono in linea con le esigenze del mercato e le agevolazioni che sono state date non sono state assolutamente sufficienti per le criticità del settore. Per le aziende di logistica, ad esempio, è stato fatto molto poco. Siamo insoddisfatti del supporto delle istituzioni. Spero moltissimo che il piano di ristrutturazione per le aziende possa essere indirizzato non più a dare denaro ma a creare situazioni che stimolino a lavorare meglio e di più. Ci aspettiamo una riforma organica che agevoli le nuove leve. Alla Regione facciamo un appello: bisogna creare dei tavoli di lavoro in cui ci sia l’intervento di operatori del settore. Perché si ha la sensazione che quando si prevedono investimenti o innovazioni, dal punto di vista politico non si tenga conto delle esigenze di coloro che poi subiranno gli effetti delle nuove normative”.