Premessa
Fra le clausole contrattuali che ineriscono alle compravendite transfrontaliere, molto delicata appare quella inerente alla corretta definizione del giudice adito, ovvero del giudice competente a dirimere una controversia fra le parti (individuazione del foro competente), rammentando che tale aspetto, in ossequio al principio generale di libertà contrattuale, è regolabile a discrezione delle parti.
A questo ambito, tradizionalmente, si ricollega altresì la libertà delle parti di scegliere una legge applicabile all’accordo, di modo che il giudice adito potrebbe trovarsi a dirimere una controversia applicando ora il diritto del Paese del venditore, ora quello del Paese del compratore, fino a soluzioni complesse ed estreme (come l’applicabilità di un diritto terzo alle parti, magari connesso con procedure di arbitrato).
Tralasciando quest’ultimo aspetto per privilegiare l’altro, appare alquanto interessante esaminare una recente sentenza delle Sezioni Unite (S.U., nel seguito) della Corte di Cassazione in tema di relazione fra consegna dei beni e foro competente.
Si tratta, in specie, della Sent. S.U. 11346 del 02.05.2023, della quale si dettaglia, innanzi tutto, la fattispecie oggetto del deliberato.
Il caso esaminato
La controversia pervenuta all’attenzione della Suprema Corte verteva sulla controversia fra un cedente nazionale e un cessionario francese, connessa con una fornitura di acqua minerale in bottiglia.
Nello specifico, a fronte di una serie di forniture eseguite con consegna ex works (exw) dal cedente italiano, il cessionario francese non provvedeva al saldo dei beni acquistati.
Alla luce dell’insolvenza, il cedente faceva emettere, presso un tribunale nazionale, un decreto ingiuntivo nei confronti della controparte francese.
Quest’ultimo, provvedeva ad impugnarlo, eccependo la competenza del giudice francese a dirimere la controversia, e non del giudice italiano, al quale il cedente si era rivolto.
A tale ricorso seguivano successive pronunce dei tribunali italiani, avverse al cedente che, in ultima istanza, ricorreva in sede di Cassazione.
L’oggetto del contendere
Volendo approfondire la portata dell’argomento in esame, va sottolineato come l’oggetto della causa vertesse, sostanzialmente, nell’individuazione del foro competente in caso di consegna dei beni al di fuori del territorio nazionale di residenza del venditore, nel caso di contratti di vendita fra operatori unitari.
Problematica, questa, che normalmente non genera questioni giuridiche qualora la resa dei beni avvenga comunque all’interno di un medesimo territorio nazionale (vale a dire che cedente e cessionario sono entrambi residenti nello stesso territorio nazionale).
La questione, alquanto dibattuta a livello giuridico, deriva dalla corretta interpretazione delle norme attualmente vigenti sul punto nell’Unione Europea.
In tale ambito, va preliminarmente rammentato che l’Unione è intervenuta con normazione apposita, riconducibile al Regolamento Ue/1215/2012 (noto anche come Bruxelles I-bis, di seguito indicato come Regolamento).
Il Regolamento, ai sensi dell’art. 4, prevede innanzi tutto una regola generale, in base alla quale, se un residente in un Paese Membro, viene chiamato in giudizio (convenuto, in termini tecnici) nell’Unione dalla controparte
- è soggetto al foro del Paese di residenza, indipendentemente dalla sua cittadinanza nell’Unione
Posto il principio-cardine, il Regolamento, al successivo art. 7, prevede una serie di deroghe, in specie nell’ambito della contrattazione.
Viene infatti stabilito che, salvo diversa convenzione fra le parti, una persona potrebbe essere convenuta, in caso di contratto, in altro Stato Membro
- davanti al giudice del Paese del luogo di esecuzione dell’obbligazione contrattuale
laddove, ai fini della norma tale luogo, nel caso di compravendita coincide con
- il luogo, situato in uno Stato Membro, in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati (art. 7, comma 1, lett. b))
Come si nota, a ben vedere il legislatore unitario pone una correlazione fra foro competente e luogo di consegna, statuendo che, individuato il luogo di consegna in un Paese Membro, sarà possibile in questo territorio individuare al tempo la giurisdizione chiamata a dirimere una causa.
Luogo di esecuzione e connessione con gli Incoterms®
Poste le premesse, il testo unitario lascia aperta (potenzialmente) una duplice interpretazione del luogo di esecuzione, con evidenti ricadute diverse sull’individuazione del giudice adito.
Infatti, a ben vedere, l’individuazione del luogo di esecuzione ex art. 7, c. 1, lett. b) spinge a porsi la questione se tale punto possa o meno coincidere con il punto intermedio nel trasporto ove, secondo le regole Incoterms®, vengono trasferiti costi e rischi del trasporto fra venditore e compratore, oppure si ricolleghi, più in generale, con un punto di consegna finale dei beni trasportati, indipendentemente dal termine di resa applicato.
Sviluppando il ragionamento, il luogo di esecuzione potrebbe essere individuato, in maniera rigida, come esclusivamente il luogo di consegna materiale dei beni da parte del venditore al cessionario, ovvero del punto nel quale il compratore dispone effettivamente del bene acquistato (sostanzialmente, si tratta di un punto a destino del complessivo trasporto).
In una seconda interpretazione, invece, maggiormente elastica, il punto di esecuzione potrebbe rinvenirsi non già esclusivamente con il punto di destinazione della merce inviata, bensì, in alternativa, essere individuato nel punto intermedio del trasporto fra la partenza e l’arrivo della merce, con naturale richiamo, in tal senso, dei termini di resa internazionali.
Questi, infatti, presentano un range di punti di consegna dei beni che oscillano fra la sede del venditore (come accade nel caso della resa Exw), sino alla sede del compratore (come nel caso della resa Dap, non essendo richiamabile nella Ue la resa Ddp, per assenza di punti doganali attraversati).
Come si può intuire dalle note precedenti, l’accoglimento della prima tesi imporrà usualmente individuare il foro competente sempre nel Paese del destinatario dei beni (a ben vedere, si tratta dell’interpretazione sostenuta in causa dal cessionario).
Nel secondo caso, invece, il luogo potrebbe essere anche individuato, in alternativa, nel Paese del venditore (ipotesi sostenuta dal cedente in causa).
Con l’ovvio spostamento, pertanto, della residenza del giudice adito nel secondo caso rispetto al primo.
La posizione assunta dalla giurisprudenza unitaria
Le osservazioni precedenti (in termine di natura sdrucciolevole del concetto di luogo di esecuzione) trovano conferma nella prassi giurisprudenziale della Corte di Giustizia dell’Unione (Cgue), chiamata in diverse occasioni a intervenire sul punto.
In tale ambito, la Cgue ha avuto modo in particolare di esprimersi tramite due note sentenze, ovvero
- Causa C-87/10 – Electrosteel del 09.06.2011
- Causa C-381/08 – Car Trim del 25.02.2010
Nell’ambito delle due sentenze, e in specie, nella causa Electrosteel, i giudici del Lussemburgo sono giunti alla conclusione che, al fine di determinare il luogo di consegna (luogo di esecuzione), il giudice, nel valutare il contratto
- deve tener conto di tutti i termini e di tutte le clausole rilevanti nel contratto
- ivi compresi i termini di resa
alla condizione che
- siano idonee/idonei a identificare il luogo di consegna Dai dispositivi richiamati in estrema sintesi si evince, quindi, come i giudici unitari riconoscano anche ai termini di resa dignità di individuazione del luogo di esecuzione, peraltro con il vincolo che, nell’interpretazione del contratto non vi siano ambiguità sul punto.
La posizione delle Sezioni Unite e la Sent. 11346/2023
Poste le osservazioni che precedono, la Suprema Corte, con la sentenza 11346/2023, ha deliberato, in maniera sostanzialmente innovativa, sulla questione della richiamabilità dei termini di resa quali elementi qualificanti l’individuazione del giudice adito.
Nell’esaminare il caso in specie, il dispositivo muove da precedenti deliberazioni della Corte che, nel solco di una consolidata giurisprudenza, anche delle S.U., tendeva a non riconoscere specifica qualificazione ai termini di resa in tema di definizione del foro competente, considerando questi ultimi come pure clausole di spesa, irrilevanti ai fini della definizione del foro competente (in tal senso, Sent. n. 1192/1952, 1884/1965, 1381/1994, 4344/2001, 15389/2002, 10770/2003, 14208/2005, 15905/2011).
In tale solco, peraltro, vanno affiancate anche alcune pronunce della giustizia di merito (in tale indirizzo, Trib. Ravenna 18.02.1999, Trib. Napoli 20.01.2005, Trib. Trieste 13.03.2006).
Nel contempo, tuttavia, in altre sentenze si è assistito a una (parziale) revisione della precedente tesi, seppur non in grado di raggiungere il risultato della sentenza in commento (si vedano le Sent. n. 17566/2019, n. 14299/2007, n. 20633/2022 e, con aspetti problematici di interpretazione, anche l’Ordinanza 37506-2022 richiamata dalla sentenza in commento).
Proseguendo nell’esegesi, tuttavia, la Suprema Corte osservava che l’intera questione doveva essere letta anche, e soprattutto, alla luce delle deliberazioni della Cgue.
Con una estesa analisi della giurisprudenza della Ue (e puntuali richiami alle sentenze unitarie in precedenza richiamate) la Corte ha ritenuto di accogliere l’orientamento unionale, riconoscendo apertamente l’attitudine dei termini di resa a definire il luogo di esecuzione contrattuale, con la derivata conseguenza d’identificare altresì il foro competente.
Alla luce di queste considerazioni, le S.U. quindi osservavano, riconoscendo le ragioni del cedente nazionale, che
“(…) deve dunque concludersi che le clausole incoterms «ex works», una volta inserite nel contratto, individuano anche il luogo di consegna della merce, salvo che dal contratto risultino diversi ed ulteriori elementi che inducano a ritenere che le parti abbiano voluto un diverso luogo della consegna.
(…) la loro corretta applicazione al caso di specie, una volta reputato che, per effetto dei molteplici richiami operati da entrambe le parti alla clausola «ex works», la medesima fosse divenuta parte integrante del contratto, porta invece ad affermare che, giusta l’efficacia della detta clausola, nei rapporti tra il venditore e il compratore, il luogo della consegna della merce deve considerarsi sito in italia e, conseguentemente, deve affermarsi la giurisdizione del giudice italiano.”
Commento alla Sentenza delle S.U.
Sicuramente condivisibile quanto a sforzo interpretativo, la Sentenza tuttavia non chiude completamente la partita della corretta interpretazione della normativa regolamentare, lascando aperte due potenziali criticità.
La prima concerne la reale portata della sentenza, in quanto essa non affronta in generale tutti i termini di resa, ma si limita al solo caso dell’exw works.
La seconda, concerne la possibilità di estendere la decisione anche al caso in cui le parti non avessero indicato il riferimento alle regole Incoterm® relativamente al termine di resa da applicare, limitandosi a un richiamo generico alle stesse (ad esempio, con la semplice indicazione della sigla internazionale, senza altre precisazioni).
Per quanto attiene all’estensione della sentenza, i giureconsulti appaiono divisi in termini di interpretazione del dispositivo.
Secondo una parte di essi, la portata della sentenza non va estesa ad ulteriori varianti degli usi internazionali, rendendosi valida esclusivamente al caso esaminato.
Sostanzialmente si tratta di una interpretazione “letterale” del dispositivo della Suprema Corte.
In altra ottica, invece, una restante dottrina ritiene che la sentenza sia atta a dare corso a un’interpretazione estensiva della decisione, anche per le rese non previste dal dispositivo.
A riguardo, con il dovuto rispetto per le varie posizioni (autorevoli) espresse, pare a chi scrive di segnalare quanto segue.
Accogliendo la prima tesi, si verrebbe in un certo senso a creare una discrasia nell’interpretazione dei termini di resa, ove alcuni (o, meglio, uno) sono atti a individuare il foro competente e altri che non sono di tale natura.
Non pare, questa, un’ipotesi convincente, laddove si ragioni con un semplice esempio.
Si supponga che una partita di beni venga consegnata ex works presso la sede del venditore e, nello stesso giorno, una seconda consegna di merci avvenga fca presso la sede del venditore (ipotesi attivabile con riferimento ai termini di resa attuali), si dovrebbe allora concludere che solo la prima genera effetti sulla giurisdizione.
Una conclusione che pare stridere con due osservazioni.
La prima, connessa con la logica operativa degli Incoterms®, i quali, pur nella loro differenziazione, identificano sicuramente un punto di consegna preciso per il rilascio “fisico” della merce al cessionario.
La seconda osservazione concerne le decisioni della Corte Europea, le quali, nelle loro statuizioni non conducono a effetti differenziati dei termini di resa nei confronti dell’individuazione del giudice adito, ma (contra) lasciano intendere un’estensione generalizzata dell’identificazione del punto di resa delle merci con la giurisdizione del contratto.
Per quanto concerne la seconda criticità cennata, ovvero il mancato, esplicito, richiamo delle parti in termini di rinvio agli usi Incoterms®, la situazione appare maggiormente critica, non esprimendosi la sentenza a riguardo.
A riguardo, la criticità, si ricollega, quantomeno nell’esperienza nazionale (ma dubbi sussistono anche nella esperienza estera) alla mai sopita diatriba fra giuristi sulla effettiva natura dei termini di resa.
Secondo alcuni interpreti, infatti, gli Incoterms® individuerebbero una serie di clausole standard, da incorporare necessariamente in contratto.
Secondo altri interpreti, invece, gli usi del commercio internazionale, in quanto tali, sarebbero comunque idonei ad essere efficaci anche in assenza di espresso richiamo alla disciplina dell’Icc (l’ente internazionale che regola la materia).
Sul punto, non ci si sente di dare una risposta definitiva, nel senso di un richiamo/mancato richiamo della specifica disciplina, anche se il riferimento della sentenza alle posizioni unitarie parrebbe virare verso la seconda interpretazione, ovvero di applicabilità in senso lato delle clausole di resa, indipendentemente dal loro specifico richiamo.
In tal senso, tuttavia, pare utile rammentare che l’Icc consiglia sempre di precisare il riferimento agli Incoterms®, nella loro versione, quando vengono richiamati contrattualmente.
Daniele Vicario