di Daniele VIcario.
La disciplina del reverse charge o inversione contabile (nel seguito, reverse), merita una particolare attenzione, nonostante lo strumento sia da tempo parte della fiscalità nazionale, in quanto la prassi insegna come, ancor oggi, vi siano incertezze applicative fra gli operatori, meritevoli di un rinnovato chiarimento.
Da un punto di vista squisitamente tecnico, il reverse si caratterizza, innanzi tutto, come una procedura contabile particolare, con peculiare applicazione dell’iva nell’ambito di
- cessioni di beni e prestazioni di servizi interne, ma solo in casi specifici previsti dalla legge
- cessioni di beni e prestazioni di servizi unitarie
- prestazioni di servizi extraunitarie
(laddove per operazioni “unitarie” si intendono quelle connesse con operazioni all’interno della Ue).
Poiché il reverse opera sia nei confronti delle operazioni interne (o domestiche) che estere, usualmente si discrimina fra un reverse “interno” e un reverse “esterno”.
Allo scopo di analizzare la complessa realtà operativa inerente al reverse, pare utile richiamare alcuni fondamentali concetti iva.
- La riscossione ordinaria dell’imposta sui consumi
Nella normativa in tema di iva, il legislatore pone obblighi precisi in termini di applicazione e riscossione dell’imposta, nel caso di una cessione di beni o di una prestazione di servizi da parte di un soggetto passivo.
Secondo la disciplina generale del Dpr 633/72 (legge iva), infatti, il soggetto attivo in una cessione di beni (venditore) o in una prestazione di servizi (prestatore), per le operazioni domestiche,
- deve emettere un documento fiscale nei confronti del soggetto acquirente (cessionario per i beni, committente per i servizi), applicando obbligatoriamente a questi l’iva dell’operazione (principio di rivalsa), secondo le aliquote di legge (salvo eccezioni)
- deve provvedere quindi a versare l’iva all’Erario, nei modi e nei tempi stabiliti dalla legge, e, ancora salvo eccezioni, indipendentemente dal pagamento della fattura.
Per contrapposizione,
- l’acquirente o committente ha diritto di portare in detrazione l’imposta subita in acquisto dall’iva che questi ha applicato alla propria clientela (principio di detrazione).
Per quanto riguarda le operazioni connesse con l’estero, fra operatori economici, a prescindere dalla residenza dell’acquirente o committente nell’Unione o al di fuori da essa, la fatturazione emessa risulta sempre priva di imposta sui consumi, in quanto le operazioni, alternativamente,
- rientrano nei casi di non imponibilità (artt. 8, 8-bis, 9, 71, 72 Dpr 633/72, artt. 41, 58 DL 331/93 nella Ue)
- risultano esclusi dal regime iva per difetto di territorialità (come nel caso delle fatture di servizi emesse ex art. 7-ter della legge iva).
- L’eccezione operativa collegata con il reverse
Poste le premesse operative di cui sopra, nei casi previsti quali casi di reverse, si assiste a una inversione di taluni obblighi indicati in precedenza, nel senso che, in particolare, non sarà il venditore o prestatore a emettere una fattura munita di iva, ma sarà il cessionario o il committente a provvedere alla determinazione e liquidazione del tributo.
Poiché tale onere ricade sul compratore-committente, il venditore giocoforza emetterà un documento privo di imposta sui consumi (onde evitare una doppia tassazione).
A tale meccanismo inverso di determinazione dell’imposta si affianca, tradizionalmente, un particolare meccanismo di rilevazione contabile del documento in acquisto, storicamente con finalità di contrasto all’evasione fiscale.
Di seguito, si danno ora dei cenni, per completezza espositiva, al reverse “interno”, soffermandoci invece maggiormente sul reverse “esterno”.
- Reverse interno
Per quanto attiene al reverse interno, esso è tipicamente regolato dalle norme di cui all’art. 17, commi 5, 6,7 della legge iva e che si riferiscono, senza pretese esaustive, a
- operazioni connesse con le cessioni di oro (comma 5)
- operazioni connesse con l’edilizia (comma 6)
- operazioni connesse con impianti di telefonia mobile e talune tipologie di prodotti informatici (comma 6)
- altre residuali (comma 7)
laddove il residuale comma 7 lascia aperta la porta alla possibilità di aggiungere nuovi casi futuri a quelli già previsti attualmente.
- Reverse esterno
Per quanto attiene al reverse “esterno”, esso si riferisce tipicamente ad acquisti effettuati da un soggetto passivo domestico nei confronti di un soggetto passivo non residente in Italia (fornitore estero).
Tuttavia, il reverse in parola non concerne tutte le operazioni di acquisto extra nazionali, in quanto l’inversione non si applica mai alle importazioni di beni, in quanto la liquidazione dell’imposta sui consumi avviene direttamente in sede doganale e con procedure apposite.
- La gestione contabile del reverse e le sue implicazioni
Come accennato, l’esistenza del reverse prevede un trattamento contabile iva sull’acquisto difforme rispetto alla consolidata tradizione della contabilità generale.
Infatti, mentre nella registrazione usuale di una fattura vendite, la prassi contabile prevede che
- il cedente rilevi a libro iva vendite un debito per iva da versare all’erario (nonché il ricavo e la partita cliente)
- il cessionario rilevi a libro iva acquisti un credito per iva da detrarre (nonché il costo e la partita fornitori)
nel caso sopravvenga il reverse, si opera come segue.
Il cedente rileva a libro iva vendite un’operazione priva di imposta sui consumi.
Il cessionario registra due operazioni iva di medesimo importo, ma di segno contabile opposto, ovvero
- rileva, come sopra, a libro iva l’acquisto
- rileva, contestualmente, a libro vendite, un debito iva di pari importo.
Tale meccanismo operativo, tipico del reverse, merita un doveroso chiarimento.
Un’operazione iva domestica, salvo eccezioni, produce sempre un iva a debito, in capo al venditore, e un’iva a credito, in capo al cliente.
Presa, quindi, singolarmente, un’operazione iva è comunque “neutra” per lo Stato, in quanto quest’ultimo se, da un lato incassa iva dal venditore, dovrà comunque rimborsare l’iva al compratore (o accettarne la compensazione con l’iva a debito).
Tuttavia, tale operazione non è isolata per il venditore e il compratore e, tenuto conto che anche il venditore deve acquistare beni e servizi e, nel contempo, il compratore deve cedere beni o servizi oggetto della propria attività, il “saldo” iva complessivo dello Stato (somma di tutte le poste per iva incassate al netto delle poste iva rimborsate) risulta comunque positivo per l’Erario (i prezzi di vendita sono normalmente superiori a prezzi di acquisto e, quindi, l’iva vendite in sostanza è superiore all’iva acquisti presso il medesimo soggetto).
Se questa premessa è vera, anche il meccanismo del reverse individua un versamento impositivo a fronte di un credito di imposta, solamente che il credito e il debito nascono e si elidono presso lo stesso soggetto e non presso due soggetti distinti.
In altre parole, il compratore opera contestualmente in vece del venditore (registrazione iva vendite) e come compratore di fatto (registrazione iva acquisti).
Non solo.
La procedura vista permette peraltro di evitare distorsioni nella liquidazione delle imposte sui consumi, come vedremo ora con un breve esempio.
Esempio
Si supponga che un soggetto passivo italiano operi sia all’estero che in Italia.
Per semplificare l’analisi, immaginiamo che il soggetto passivo non operi vendite all’estero, ma solo acquisti.
Si supponga che in un determinato momento dell’esercizio, la situazione iva sia la seguente
Iva | Importo/Saldo |
Iva vendite | 10.000,00 |
Iva acquisti | -8.000,00 |
Saldo | 2.000,00 |
e che il compratore debba registrare un’operazione di acquisto beni dall’estero per 1.000,00 euro (non relativi a un’importazione).
Se il compratore domestico dovesse ragionare come nel caso di un acquisto interno, e, applicasse automaticamente la disciplina dell’art. 7-bis del Dpr 633/72 (principio di tassazione degli acquisti a destino, ovvero nel Paese del compratore), rileverebbe l’iva a credito come da prassi, determinando il seguente risultato in saldi iva
Iva | Importo/Saldo |
Iva vendite | 10.000,00 |
Iva acquisti | -8.000,00 |
Iva acquisti (estera) | -1.000,00 |
Saldo | 1.000,00 |
Tuttavia, tale esito non sarebbe corretto.
Il compratore nazionale ha, infatti, ricevuto una fattura estera priva di imposta sui consumi (che, peraltro, dovrebbe essere munita d iva del Paese estero, visto il fornitore).
Se, a valle dell’acquisto, il compratore scaricasse l’iva sulla fattura estera, creerebbe difatti un credito iva non controbilanciato da un pari versamento di imposta da parte del venditore.
Introdurre la seconda registrazione (in vendita), pertanto, evita il formarsi di un credito iva artefatto, permettendo al tempo un controllo incrociato fra fornitore e compratore (situazione tipica, nel caso di acquisti unitari).
Per quanto attiene alla “neutralità” finanziaria e fiscale dell’operazione, sicuramente questa non genera movimenti di liquidità aziendale, ma l’aspetto va correttamente compreso.
Effettivamente, l’operazione sarà completamente neutra laddove il compratore non abbia operazioni ulteriori che generano iva.
Nel caso in cui (come nell’esempio) il compratore sia anche interessato da versamenti o crediti iva, il reverse non muta la sua posizione debitoria, limitandosi a non ridurre il debito iva delle altre operazioni, né a incrementare l’eventuale credito a saldo di iva discendente dalle altre operazioni.
Infine, qualora il soggetto acquirente non fosse un soggetto che può detrarre interamente l’iva (perché, ad esempio, opera in esenzione ed è soggetto quindi al meccanismo del pro-rata), il saldo iva dell’operazione comporterebbe un versamento di imposta.
Confermando in ciò l’assunto che il reverse rappresenta una variante dell’ordinario meccanismo di credito-debito nelle operazioni di vendita-acquisto, con traslazione delle due posizioni iva opposte presso il compratore.
- Reverse, fatturazione, autofatturazione, integrazione
Per quanto detto sopra, restano infine da chiarire due aspetti connessi con il trattamento del reverse
- la tipologia di integrazione del documento
- la tipologia di documento da integrare
Per quanto attiene al primo aspetto, il documento non va integrato necessariamente con iva, ma con l’applicazione del regime fiscale che l’operazione avrebbe se venisse compiuta internamente all’Italia (e quindi l’integrazione potrebbe essere in non imponibilità, esenzione, ecc.).
Tecnicamente, l’integrazione prevede di riportare sul documento o su un suo allegato l’imponibile, l’imposta e/o il diverso regime iva e il totale della fattura (ivata o meno).
Per quanto attiene al documento da utilizzare, due sono le possibili opzioni
- quale caso generale, la stessa fattura estera ricevuta (ad esempio, negli acquisti unitari)
- in via di eccezione, l’autofattura.
L’autofattura consiste in una documento fiscale (che deve portare la dizione di “autofattura”), emesso dall’acquirente-committente a sé stesso (intestatario e destinatario della fattura sono identici).
Diversamente dalla fattura estera, il ricorso all’autofatturazione risulta possibile solo nel caso di acquisizione di servizi da non residenti, rilevanti fiscalmente in Italia (art. 7-ter della legge iva), senza poter effettuare l’integrazione ricorrendo all’utilizzo della fattura estera.
Negli altri casi di reverse “esterno”, invece, la regola appare opposta alla precedente, essendo vietata l’autofatturazione e, di conseguenza, risultando obbligatoria l’integrazione direttamente sulla fattura estera.