di Piero Bellante – Avvocato in Verona
L’interpretazione delle regole di origine costituisce uno degli aspetti più complessi e delicati di tutto il diritto doganale. Ai sensi dell’art. 22 e ss. CDU 2016 chiunque può chiedere all’autorità doganale una decisione in merito alla corretta applicazione della normativa doganale in materia di determinazione dell’origine. Questa normativa è infatti parte integrante delle customs rules indicate nell’art. 5, punti a) e d), del Codice doganale dell’Unione, sia perché contenuta direttamente nel Codice doganale e nelle sue disposizioni integrative e di esecuzione; sia perché contenuta nelle altre disposizioni integrative dell’ordinamento doganale comunitario, quali ad es. gli accordi stipulati con i Paesi terzi in materia di origine preferenziale.
Nel contesto delle “decisioni adottate su richiesta” (art. 22, CDU) il legislatore comunitario ha attribuito una particolare importanza alle “decisioni relative alle informazioni vincolanti” di cui agli artt. 33-37 del Codice dell’Unione e agli artt. 19-21, RD 2446/15 e 16-23, RE 2447/15. Delle “informazioni tariffarie vincolanti” (decisioni ITV/BTI – Binding tariff information), relative all’individuazione della corretta posizione di una merce all’interno della Nomenclatura combinata si dirà in altra occasione. L’ordinamento doganale dell’Unione prevede la possibilità di richiedere una decisione vincolante anche nella materia della determinazione di origine (decisione IVO/BOI – Binding origin information).
Una domanda di decisione IVO può essere presentata soltanto per “un solo tipo di merce e di circostanze ai fini della determinazione dell’origine” (art. 16, comma 3, RE 2447/15). Una volta emesse, le decisioni vincolano le autorità doganali sulla determinazione dell’origine soltanto nei confronti del destinatario della decisione e per merci le cui formalità doganali vengano espletate in epoca successiva a quella dell’emissione della decisione. E’ indubbio, tuttavia, che il contenuto di una decisione IVO costituisca un autorevole precedente in grado di orientare i provvedimenti dell’autorità doganale anche nei confronti di altri operatori. Si ritiene quindi che l’efficacia probatoria potenzialmente erga omnes, riconosciuta alle decisioni ITV dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea ([1]), su cui si avrà modo di tornare su questa Rivista, possa essere affermata anche per le decisioni IVO. La decisione IVO diviene efficace per il destinatario della stessa a far data dalla sua ricezione o “dal momento in cui si ritiene che il destinatario abbia ricevuto notifica della decisione” (art. 33, comma 2, CDU).
Le decisioni sono valide per un periodo di tre anni con decorrenza dalla data dalla quale esse hanno efficacia, fatta salva la possibilità di richiederne il c.d. uso esteso (v. oltre). Tuttavia, in casi particolari le decisioni IVO possono perdere la loro validità anche prima della loro scadenza. Questa ipotesi si verifica se durante il periodo di validità di una decisione vengano a mancare o si siano modificati i presupposti normativi che ne avevano legittimato il rilascio. E’ il caso, ad es., in cui l’Unione adotti un regolamento o concluda un accordo in materia di origine preferenziale con un Paese o un gruppo di paesi terzi, che muti i presupposti o le condizioni sulla base dei quali l’originaria decisione IVO era stata rilasciata; oppure quando la decisione IVO non risulti più compatibile con gli accordi stipulati dall’Unione in sede di Organizzazione mondiale del commercio o con eventuali note esplicative e/o pareri riferiti all’interpretazione di tali accordi. In questi casi la decisione cessa di avere validità dalla data della pubblicazione di questi provvedimenti nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea o dalla diversa data eventualmente prevista per l’entrata in vigore dei nuovi regolamenti o accordi (art. 34, comma 2, CDU).
Al pari delle ITV, le decisioni IVO, una volta emesse, non possono essere modificate. Esse tuttavia possono essere revocate d’ufficio (mai ad istanza di parte) e soltanto qualora ricorrano i seguenti presupposti:
- non siano più compatibili con una decisione sopravvenuta della Corte di giustizia dell’Unione europea, a far data dalla pubblicazione del dispositivo della sentenza nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea;
- in altri casi specifici.
Nei casi in cui le decisioni IVO cessino di avere efficacia prima della loro naturale scadenza, per revoca o perché siano venuti successivamente a mancare i presupposti normativi che le sorreggono, il sistema prevede una salvaguardia per il beneficiario di una decisione IVO che si trovi in una condizione particolare: è possibile, infatti, che il titolare di una decisione IVO abbia stipulato un contratto sul presupposto della piena validità della decisione e della sua durata originaria. In tal caso, secondo il principio dell’affidamento incolpevole, se il contratto è stato stipulato prima della revoca della decisione o della cessazione anticipata della sua validità, per merce soggetta ad importazione il titolare può chiedere di essere ammesso al c.d. uso esteso della decisione. Si tratta di una sorta di proroga, il cui periodo non può di norma superare sei mesi dalla data della revoca o della cessazione della validità. Di norma, perché il provvedimento della Commissione che muti i presupposti per la determinazione dell’origine disponga anche una disciplina transitoria che preveda un termine inferiore per l’ammissione al c.d. uso esteso della decisione (cfr. art. 67, CDU). L’uso esteso non è ammesso “laddove una decisione IVO sia adottata per merci da esportare” (art. 34, comma 9, CDU).
Al pari di quanto previsto per le decisioni ITV, per poter beneficiare dei vantaggi di una decisione IVO il suo titolare deve essere in grado di provare, nel momento in cui essa viene invocata davanti alle autorità per l’applicazione di un particolare regime doganale, che la merce oggetto della dichiarazione e le circostanze che ne determinano l’origine così come dichiarata corrispondano “sotto tutti gli aspetti alle merci e alle circostanze descritte nella decisione IVO”.
Se la Commissione europea rileva che all’interno dell’Unione non sia stata raggiunta un’uniformità di vedute o siano stati riscontrati errori in relazione alla determinazione di origine di merci ottenute utilizzando lo stesso processo di produzione e materiali equivalenti, può decidere di sospendere qualsiasi procedimento per il rilascio delle decisioni IVO; così come può imporre agli Stati membri di revocare decisioni IVO già emesse in relazione a queste merci, al fine di consentire alla Commissione l’individuazione di un indirizzo interpretativo uniforme (art. 34, comma 10, CDU; art. 23, RE 2447/15).
[1] V. Corte Giust., C-153/10, 7.4.2011, punti 43, 44.