di Elena Di Benedetto
Giugno 2020. Il responsabile del reparto doganale di un’impresa produttrice ed esportatrice di tubi (voci doganali 7305 e 7306) chiama spaventato il doganalista di fiducia. “Ho sentito dire che da luglio aboliscono l’EUR 1… come faccio a spedire i tubi in Cile? È la prima volta che riesco finalmente a vendere il mio prodotto in quel paese…. E come la mettiamo le spedizioni verso la Svizzera? Ormai il mio cliente è abituato a ricevere l’EUR 1…” ed aggiunge “la scorsa settimana, poi, volevo prepararmi per spedire in Canada e Giappone, ma mi hanno detto che l’EUR 1 non esiste….. quindi è già stato abolito?”. Siamo sicuri che questo responsabile sia correttamente informato? Sentiamo come prosegue la telefonata con lo spedizioniere doganale….
“Quindi cosa faccio senza EUR 1? Dico ai miei clienti di pagare il dazio a destino? Così lì perdo….”
In realtà non ci sarà alcuna abolizione dei certificati come l’EUR 1. La Circolare 16/D del 17 giugno 2020 semplicemente richiama la Nota 91956/RU dell’anno scorso, con la quale l’ADM poneva fine “solo” alla previdimazione dei formulari EUR 1, EUR-MED e ATR (quest’ultimo è un “intruso”, riguarda la libera pratica nell’unione doganale con Turchia, non l’origine preferenziale, ma è giustificato, è pur sempre un formulario previdimato). Del resto si tratta di una conseguenza naturale dell’applicazione del nuovo codice doganale dell’UE. La previdimazione dei formulari era, infatti, concessa ai titolari della domiciliazione in virtù dei requisiti soggettivi che tale semplificazione richiedeva, come ad esempio comprovata osservanza degli obblighi doganali, solvibilità finanziaria eccetera (art. 76 Reg. CEE 2913/1992 e artt. 253 e seguenti del Reg. CEE 2454/1993). Nel nuovo codice doganale, la domiciliazione passa il testimone all’istituto del luogo approvato (art. 139 Reg. UE 952/2013, art. 115 Reg. UE 2446/2015 e Circolare 8/D aprile 2016). Quest’ultimo è una modalità ordinaria di presentazione della merce, non appartiene alle semplificazioni (il luogo approvato non è disciplinato dal Titolo V del nuovo codice doganale). Prescinde, dunque, da tutti quegli elementi soggettivi necessari per un atto di fiducia come la previdimazione dei formulari. Fine della previdimazione, tuttavia, non è sinonimo di abolizione dell’EUR 1. Potrai continuare a richiederlo per le spedizioni verso tutti i paesi con i quali l’UE ha sottoscritto accordi di libero scambio e per i quali è previsto questo mezzo di prova dell’origine preferenziale (https://www.douane.gouv.fr/fiche/liste-des-accords-et-preferences-unilaterales-de-lunion-europeenne).
“Ma allora perché si parla molto di questo cambiamento?”
Il cambiamento è importante per due motivi. Da un lato, per tutte le spedizioni per le quali vuoi richiedere l’EUR 1 (ad esempio per le prime esportazioni che farai verso il Cile), dovrai presentare la domanda e la documentazione con un certo anticipo per consentire l’attività istruttoria finalizzata al rilascio del certificato. Noi spedizionieri, inoltre, dovremo prepararci a numerose “trasferte” (e, chissà, forse code) in Dogana per ottenere la firma dei certificati. Oggi, invece, disponiamo quotidianamente di formulari già firmati, che compiliamo una volta ricevuti il mandato e la documentazione da parte dell’esportatore che rappresentiamo. Dall’altro, se ritieni che i tempi d’attesa per ottenere l’EUR 1 si allunghino troppo (ad esempio per i trasporti camionistici che fai quotidianamente verso la Svizzera) e se ci sono i presupposti, puoi diventare esportatore autorizzato.
“Esportatore autorizzato? Cosa significa?”
Prendiamo, ad esempio, la Convenzione Paneuromediterranea (GUUE L54 del 26.02.2013) che ti interessa per la Svizzera. L’esportatore autorizzato è un esportatore che effettua frequenti spedizioni nell’ambito della Convenzione e che “offre alle autorità doganali soddisfacenti garanzie per l’accertamento del carattere originario dei prodotti e per quanto riguarda l’osservanza degli altri obblighi della presente convenzione” (art. 22). Le autorità doganali ti concedono lo status a seguito di un’istanza di autorizzazione e di verifiche sul rispetto dei requisiti (art. 67 Reg. UE 2447/2015 in particolare paragrafo 3 “Le autorizzazioni di esportatore autorizzato sono concesse unicamente alle persone che soddisfano le condizioni enunciate nelle disposizioni in materia di origine contenute in accordi che l’Unione ha concluso con alcuni paesi o territori non facenti parte del territorio doganale dell’Unione o in misure adottate unilateralmente dall’Unione nei confronti di tali paesi o territori”).
Con lo status di esportatore autorizzato il controllo della dogana si sposta dalla singola operazione alla tua impresa, al tuo sistema per tracciare l’origine. Se ottieni la qualifica, riceverai un numero di autorizzazione e potrai sottoscrivere in fattura la dichiarazione d’origine (attenzione non una dichiarazione qualsiasi, ma quella prevista dall’accordo di libero scambio con il paese verso il quale stai esportando) ed evitare il passaggio in Dogana.
“Quindi non devo più mandarti tutti i giustificativi dell’origine, giusto? Così li posso trovare anche dopo aver spedito, con calma… E posso usare l’esportatore autorizzato per tutto, anche per Cile, Canada e Giappone?”
Certo, da un lato non mi devi più inviare i giustificativi, ma dall’altro non puoi cercare le prove dopo aver spedito, rischiando di scoprire a posteriori che l’origine dichiarata non è corretta. Questo dato è, infatti, troppo importante: consente un l’annullamento o la riduzione del dazio a destino, concorre alla formazione della bolla doganale d’esportazione, atto pubblico. Una leggerezza avrebbe conseguenze gravi. Nel paese d’importazione potrebbe innescare un recupero degli oneri doganali evasi, qui in UE sarebbe un illecito che, in Italia, avrebbe rilevanza penale (falso in atto pubblico art. 483 c.p.). Senza contare che una dichiarazione d’origine non veritiera rappresenterebbe una pratica di concorrenza sleale e fraudolenta per conseguire condizioni di vendita più vantaggiose, a danno di aziende nazionali corrette.
Lo status di esportatore autorizzato che potresti conseguire negli scambi con la Svizzera, tuttavia, non è “universale”.
Non lo potrai utilizzare nelle spedizioni dei tubi verso Cile, Canada e Giappone. Il Cile, ad esempio, non è parte della Convenzione Paneuromediterranea, ma è legato all’UE da un altro accordo di libero scambio (GUUE L352 del 30.12.2002). Dovrai, quindi, effettuare frequenti spedizioni nel quadro di questo accordo e rispettarne le condizioni prima di richiedere l’estensione dello status di esportatore autorizzato anche agli scambi con il Cile. Per quanto riguarda Canada e Giappone, invece, l’EUR 1 è stato davvero eliminato, così come negli accordi che l’UE ha sottoscritto con Corea del Sud e Singapore. Solo dichiarazioni d’origine per provare il carattere preferenziale della merce negli scambi con questi paesi, ma con una piccola differenza. Se, infatti, per Corea del Sud e Singapore ritroviamo la figura dell’esportatore autorizzato, per Canada e Giappone la dichiarazione va sottoscritta da un esportatore registrato.
“Registrato, Autorizzato, ma non sono la stessa cosa?”
A dire il vero, l’esportatore registrato è un po’ diverso. È uno status nato nel Sistema delle Preferenze Generalizzate esteso poi anche al di fuori dell’SPG (art. 68 Reg. UE 2447/2015, così come modificato dal Reg. d’Esecuzione UE 604/2018). In questo caso non devi presentare un’istanza di autorizzazione, ma compilare l’Allegato 22-06 bis del Reg. UE 2447/2015. Le autorità doganali rilasciano senza indugio il numero di iscrizione al REX, ma attenzione perché con altrettanta rapidità possono procedere alla sua revoca se sottoscrivi dichiarazioni non veritiere per dolo o colpa (art. 89.3 lettera d Reg. UE 2447/2015). Resta, dunque, valido quanto detto prima: devi sempre avere le prove dell’origine che dichiari e conoscere i criteri per conferire il carattere preferenziale ai tuoi tubi 7305 e 7306, sia in caso di richiesta di EUR 1, sia quando sottoscrivi una dichiarazione in qualità di esportatore autorizzato o registrato. Pensa che il Giappone ha persino previsto l’inserimento di questi criteri nel testo della dichiarazione d’origine (Allegato 3-D GUUE L330 del 27.12.2018).
“Potresti sottoscrivere tu la dichiarazione al posto mio?”
La Nota 91956/RU recepisce l’apertura della Commissione circa la possibilità anche per uno spedizioniere di richiedere e ottenere la qualifica di esportatore autorizzato, cambiando quindi orientamento rispetto alla posizione assunta in precedenti comunicazioni (Circolare Ministeriale n. 227 del 07/12/2000). Ho comunque delle riserve in merito. Non saprei come diventare esportatore autorizzato, ad esempio, negli scambi con la Svizzera e sostituirmi a te nella sottoscrizione della dichiarazione d’origine. Dovrei, in primo luogo, essere esportatore così come definito dall’art. 1.19 Reg. UE 2446/2015. Vale a dire, dovrei avere la facoltà di decidere circa l’uscita delle merci, dovrei essere parte del contratto in virtù del quale i tuoi tubi vengono spediti in Svizzera e non è certo così. Forse dovrei anche rappresentarti in modalità indiretta e diventare personalmente il dichiarante nelle bolle doganali d’esportazione. In questo modo agirei per tuo conto spendendo il mio nome, ma mi assumerei una responsabilità che andrebbe oltre i confini dell’origine preferenziale dichiarata perché riguarderebbe l’operazione di esportazione nella sua interezza. Ultimo, ma non meno importante, dovrei padroneggiare il tuo processo produttivo dei tubi, conoscere a fondo i tuoi fornitori, l’origine della materia prima che acquisti, il tuo metodo di fabbricazione, eventuali rapporti di conto lavoro con terzisti… sarebbe un’ingerenza importante all’interno della tua azienda, non trovi?
“Ma cosa mi consigli di fare adesso? Non manca molto al 21 luglio…”
Prima di precipitarti a chiedere lo status di esportatore autorizzato o di diventare esportatore registrato, cerca di verificare bene ciò che accade nella tua azienda e di migliorare, eventualmente, i tuoi processi interni. Hai tutte le dichiarazioni d’origine della materia prima che utilizzi nella produzione dei tubi? Produci a partire da merce già originaria (vale a dire già preferenziale negli scambi verso i paesi ai quali vendi i tubi)? Oppure utilizzi merce non originaria? In questo caso hai distinte base, relazioni, documenti che indichino chiaramente che il tuo processo produttivo è coerente con la trasformazione sufficiente prevista nei Protocolli d’origine che ti interessano? Sei consapevole che ogni accordo di libero scambio prevede regole diverse?
Ti faccio un esempio. La trasformazione sufficiente alla quale sottoporre i materiali non originari al fine di conferire carattere preferenziale ai tubi 7305 e 7306 negli scambi con la Svizzera e con il Cile è “Fabbricazione a partire da materiali delle voci 7206, 7207, 7218 o 7224”. Per il Giappone, invece, è “CC, escluse le voci da 7213 a 7217, da 7221 a 7223 e da 7225 a 7229”, vale a dire modifica della classificazione tariffaria al livello a 2 cifre (cioè un cambiamento di capo) del sistema armonizzato. Se produci, quindi, i tubi a partire da lamiere macedoni classificate nella voce 7208 non ottieni la preferenza negli scambi con Svizzera e Cile, ma puoi conseguirla verso il Giappone.
Questa consapevolezza ti può guidare anche nella politica d’acquisto, portandoti a scegliere lamiere già originarie per la produzione di tubi destinati a Svizzera e Cile. Cerca, inoltre, di chiedere delle IVO alla Dogana per confermare l’origine preferenziale dei tuoi tubi negli scambi con i vari paesi di destinazione.
In questo modo potrai abituarti a costruire dei dossier forti, efficaci, alla base di ciascun EUR 1 che richiederai.
Questo ti faciliterà nell’audit per ottenere, in un secondo momento, lo status di esportatore autorizzato ed eviterà che tu perda la qualifica di esportatore registrato.