Per Trieste (e per il Paese) il sogno di una Nuova Via della Seta è già arrivato al capolinea?
di Annagiulia Randi.
A poco meno di un anno dalla firma del Memorandum of Understanding tra l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale e il colosso cinese China Communications Construction Company – CCCC – che prevedeva la creazione di piattaforme logistico/distributive collegate al porto di Trieste e al servizio dell’intero sistema logistico nazionale italiano, arriva come una doccia fredda la notizia che il Segretario di Stato degli Stati Uniti – Mike Pompeo – ha inserito nella black list proprio la compagnia di Stato cinese.
Nel comunicato stampa rilasciato lo scorso 26 Agosto, Beijing viene accusata dagli Stati Uniti di esercitare una condotta illegittima nel Mar Cinese Meridionale“bullizzando” i Paesi del Sudest asiatico affacciati su quelle acque, dove la Cina non solo ha costruito isole artificiali e basi militari, ma sarebbe coinvolta in corruzione, finanziamenti predatori e distruzione ambientale. Tale pratica era già stata condannata dalla Corte di Giustizia Europea dell’Aia nel luglio 2016.
Washington ha inoltre aggiornato la Entity list del Dipartimento del Commercio che limita le società Usa a fornire la propria tecnologia senza una licenza, aggiungendo altre 5 società sussidiarie di CCCC.
Stando quindi agli ultimi sviluppi, d’ora in poi ogni impresa americana che intenderà fare affari con una di queste società dovrà richiedere l’espresso consenso al governo, e non è difficile immaginarne l’esito.
E purtroppo, seppur indirettamente, il ban imposto nei confronti di CCCC, affligge anche la posizione del porto giuliano nell’ambito della realizzazione della Nuova Via della Seta.
Viene spontaneo pensare che anche le iniziative oggetto dell’intesa siglata dal Presidente dell’Authority Zeno d’Agostino saranno cancellate. I punti che potrebbero quindi saltare sarebbero tre: una partecipazione cinese allo sviluppo ferroviario dello scalo, l’ingresso dell’Authority nella società di gestione dell’interporto slovacco di Košice e il progetto per l’export di vino e prodotti agroalimentari in Cina.
In un sistema Paese messo in ginocchio dal COVID-19, la Nuova Via della Seta (utilizzando un ottimistico condizionale) rappresenterebbe una grande opportunità di incremento di relazioni commerciali internazionali, e quindi un’ancora di salvezza per il Made in Italy.
Un’opportunità che l’Italia, saggiamente, aveva colto al volo ma che oggi pare sempre più lontana.
Dal canto suo la CCCC è comunque intenzionata a proseguire con i propri progetti. D’altronde la Via della Seta comprende 140 paesi e più di 30 organizzazioni economiche internazionali, che hanno avviato con la Cina centinaia di partnerships per un totale di quai mille progetti in fase di realizzazione, per un valore totale di oltre 140 bilioni di dollari. È probabile come,da qui in avanti,la Nuova Via della Seta dirotterà i propri interessi maggiormente sui paesi asiatici.
Appare quindi difficile parlare della sua fine; piuttosto, nello scenario attuale, continuerà a essere percorsa ma seguendo altre rotte.