Breve viaggio tra TULD, codice doganale e nuovo articolo 8-bis
di Elena Di Benedetto
Maggio 2016. L’introduzione del Reg. UE 952/2013 (CDU) porta ad un cambiamento nel quadro normativo di riferimento per le merci fornite a navi ed aerei, riportando a galla il complesso tema delle provviste e delle dotazioni di bordo. A cosa ci riferiamo quando parliamo di provviste e dotazioni di bordo? E quale novità è stata introdotta dal CDU?
Provviste e dotazioni di bordo sono, limitando l’analisi all’ambito navale, merci a bordo di navi, fornite per essere incorporate come parti o accessori, destinate al funzionamento di motori, macchine o attrezzature, alimenti ed altri generi da consumare o vendere a bordo, come descritto dall’articolo 104 punto l) Reg. UE 2446/2015, senza operare alcuna distinzione tra provviste e dotazioni. Distinzione che, invece, è presente nella normativa italiana, in particolareagli articoli 252 e 267 delDPR 43/1973 (TULD).
Quest’ultimo, infatti, descrive le provviste di bordo come “generi di consumo di ogni specie occorrenti a bordo per assicurare: a) il soddisfacimento delle normali esigenze di consumo delle persone componenti l’equipaggio e dei passeggeri; b) l’alimentazione degli organi di propulsione della nave o dell’aeromobile ed il funzionamento degli altri macchinari ed apparati di bordo; c) la manutenzione e la riparazione della nave o dell’aeromobile nonché delle relative dotazioni di bordo; d) la conservazione, la lavorazione e la confezione a bordo delle merci trasportate”, differenziandole dalle dotazioni, concepite come beni durevoli il cui impiego può essere protratto nel tempo. Ne sono un esempio “i macchinari, gli attrezzi, gli strumenti, i mezzi di salvataggio, le parti di ricambio, gli arredi ed ogni altro oggetto suscettibile di utilizzazione reiterata, destinati a servizio odornamento delmezzo di trasporto”.
La novità introdotta dal CDU riguarda in particolar modo provviste e dotazioni di bordo unionali, secondo la definizione dell’articolo 5.23 CDU. Per queste merci, l’articolo 269 CDU esclude il vincolo al regime doganale dell’esportazione definitiva, disponendo che “1. Le merci unionali che devono uscire dal territorio doganale dell’Unione sono vincolate al regime di esportazione. 2. Il paragrafo 1 non si applica alle seguenti merci unionali:c) merci fornite, esenti da IVA o da accise, come approvvigionamento di aeromobili o navi, indipendentemente dalla destinazione dell’aeromobile o della nave, per cui è necessaria una prova di tale approvvigionamento”.
Si tratta di una previsione che segna un punto di discontinuità con il passato. Il previgente codice doganale, infatti, estendeva il regime d’esportazione alle provviste e alledotazioni di bordo attraverso le disposizioni degli articoli 161 Reg. CEE 2913/1992 (CDC) e 786 Reg. CEE 2454/1993 (DAC). Il comma 2 del primo dei due citati articolistabiliva, infatti, che “ad esclusione delle merci vincolate al regime di perfezionamento passivo o ad un regime di transito ai sensi dell’articolo 163 e fatto salvo l’articolo 164, qualsiasi merce comunitaria destinata ad essere esportata deve essere vincolata al regime dell’esportazione”. Nelle DAC veniva, inoltre, affermato che “2. Le formalità concernenti la dichiarazione di esportazione previste nel presente capitolo sono inoltre utilizzate nei casi in cui:b) le merci comunitarie sono destinate all’approvvigionamento esente da imposta di navi e di aeromobili, indipendentemente dalla destinazione dell’aeromobile o della nave”.
Lo stesso TULD, inoltre, considerava (e considera tutt’ora) esportate definitivamente le provviste di bordo, nazionali o nazionalizzate, imbarcate sulle navi italiane o estere in partenza dai porti dello Stato (art. 254 TULD) e le dotazioni di bordo installate o imbarcate nei porti dello Stato (art. 269 TULD).
Uniche limitazioni a questa considerazione, reperibili solo nel TULD ma non nel codice doganale comunitario (e nemmeno in quello unionale oggi in vigore), riguardavano le unità da diporto per le provviste di bordo, la stazza delle navi, le modalità d’imbarco o installazione e la persona dell’acquirente nel caso delle dotazioni. Nel primo caso, l’art. 254 del TULD subordinava l’esportazione delle provviste di bordo destinate ad unità da diporto italiane o straniere alla partenza da un porto marittimo dello Stato con destinazione diretta un porto di uno Stato estero entro le otto ore successive all’imbarco. Nel secondo caso, relativo alle dotazioni, l’art. 269 TULD poneva come condizione che la nave fosse adibita alla navigazione marittima, che la stazza netta fosse superiore alle 50 tonnellate e che l’imbarco o l’installazione avvenisse senza l’intervento di cantieri o altri assuntori specializzati. Nel caso in cui tale intervento fosse consentito, era necessario che le dotazioni di bordo risultassero direttamente acquistate dall’armatore o dal proprietario della nave.
Ma cosa comportail cambio di rotta operato dal nuovo codice? Dal punto di vista della normativa doganale, se da un lato la novità non è un problema, del resto CDC e DAC sono regolamenti ormai tramontati, dall’altro sorgono interrogativi circauna possibile abrogazione o riscrittura degli articoli del TULD dedicati alle provviste di bordo (articoli 254-255-260) e alle dotazioni (dall’articolo 269 all’articolo 272) per renderli coerenti con il preminente diritto UE.
Sotto il profilo della normativa IVA il cambiamento è, forse, più rilevante poiché modifica la base per attribuire la non imponibilità alle cessioni di provviste e dotazioni di bordo. Venendo meno, infatti, l’esportazione dal punto di vista doganale, le operazioni relative alle provviste e alle dotazioni di bordo non possono più essere inquadrate nella disciplina dettata dall’art. 8 c. 1 lettera A del DPR 633/72.
Ciò significa che queste operazioni non possono più essere qualificate come cessioni all’esportazione: niente esenzione IVA semplicemente con bolletta doganale e visto uscire, dunque, così come niente esenzione IVA indistinta, per cessioni di provviste e dotazioni a qualsiasi nave.
In altre parole, la possibilità di esenzione IVA non si concretizza più a valle dell’operazione, ma va ricercata a monte, nel rispetto dei requisiti oggettivi posti dall’art. 148 della Direttiva 2006/112/CE e recepiti nel nostro ordinamento attraverso l’art. 8-bis DPR 633/72, novellato con Legge n. 217 del 15 dicembre 2011(Legge Comunitaria 2010) e nove anni dopo con Legge n. 178 del 30 dicembre 2020.
A seguito della prima modifica, il testo dell’art. 8-bis viene riscritto e reso più aderente alle disposizioni comunitarie. In particolare il dispositivo dell’art. 8-bis viene integrato con i concetti di “alto mare” e “nave adibita alla navigazione in alto mare e destinata all’esercizio di attività commerciale”. Viene circoscritta la non imponibilità alle sole cessioni di provviste e dotazioni di bordo previste dal nuovo 8-bis, escludendo quindi la possibilità di esenzione IVA per le navi destinate ad attività ricreative (unità da diporto dedicate al cd diporto puro) eper tutte quelle navi che, pur esercitando un’attività commerciale, non soddisfano il requisito della navigazione in alto mare.
Mediante la Legge n. 178 del 2020, invece, viene introdotto un terzo comma all’articolo 8-bis per chiarire il significato di nave adibita alla navigazione in alto mare, spiegazione in precedenza fornita solo da risoluzioni dell’Agenzia delle entrate (2/E del 12 gennaio 2017 e 6/E del 16 gennaio 2018, ad esempio), e per ufficializzare ilmezzo di prova di tale condizione.
In particolare, il nuovo comma 3 dell’art. 8-bis illustra che per alto mare s’intende “il tragitto compreso tra due punti di approdo durante il quale è superato il limite delle acque territoriali”, così come definite nella parte II – mare territoriale e zona contigua della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. Per nave adibita alla navigazione in alto mare, invece, si intende una nave che abbia “effettuato nell’anno solare precedente o, che in caso di primo utilizzo, effettui nell’anno in corso un numero di viaggi in alto mare superiore al 70 per cento”, calcolati come rapporto tra viaggi in alto mare e numero totale di viaggi.
Sotto il profilo dei mezzi di prova della navigazione in alto mare, inoltre, il riferimento a “documenti ufficiali” elencati solo a titolo esemplificativo nelle risoluzioni dell’Agenzia delle entrate (ad esempio nella 6/E del 16 gennaio 2018) lascia il posto ad una dichiarazione, nominata nello stesso comma 3 dell’art. 8-bis,da redigere a cura dell’acquirentein conformità al modello da approvare con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. La dichiarazione dovrà essere trattata come una sorta di dichiarazione d’intento: dovrà, infatti, essere inviata telematicamente all’Agenzia delle entrate che rilascerà una ricevuta telematica con indicazione del protocollo di ricezione, da richiamare nelle fatture emesse a fronte delle cessioni di provviste e dotazioni di bordo.
Non imponibilità legata, quindi, alla prova del rispetto dei requisiti dell’art. 8-bis e non più associata al visto uscire ed alla relativa bolletta doganale d’esportazione. Quest’ultima, tuttavia, non scompare: la sua emissione è comunque richiesta dal CDU, ma solo come prova dell’approvvigionamento. L’art. 269 CDU afferma, infatti, al comma 3 che “le formalità concernenti la dichiarazione in dogana all’esportazione di cui alla normativa doganale si applicano ai casi di cui al paragrafo 2, lettere a), b) e c)”.
Le stesse linee guida del TAXUD (Ares(2019)427890 – 04/07/2019)chiariscono che per le provviste e dotazioni di bordo è necessario emettere la bolla doganale d’esportazione con codice EX nella casella 1 “dichiarazione”, rispettare le formalità previste dagli articoli 158 al 195 del CDU circa le dichiarazioni in dogana e registrare i movimenti d’esportazione nell’AES.
Non è dello stesso avviso, tuttavia, l’Agenzia delle entrate che, nella risposta n. 325 di luglio 2019 all’interpello sulla prova dell’avvenuto imbarco delle provviste e dotazioni di bordo e fatturazione elettronica, sottolinea l’obbligo di iscrizione delle fatture nel registro di bordo (Circolare Direzione Dogane n. 30819/8, Div. XV, richiamata dalla Legge n. 81 del 2006 di conversione del Decreto Legge n. 2 del 10 gennaio 2006, articolo 5-ter, punto 2) e di annotazione dell’avvenuto imbarco sulla copia cartacea della fattura. Un diverso orientamento che non troverebbe riscontro nelle disposizioni del CDU e che nel lungo periodopotrebbe rivelarsi un adempimento ulteriore, cartaceo, lontano da tutte quelle semplificazioni, pensiamo ad esempio all’iscrizione nelle scritture del dichiarante, previste dalla normativa doganale.