Usando una frase anglofona potremmo dire che il 2021 è stato l’anno that has run out of everything. Il 2021 è stato l’anno della ripresa, o meglio, della crescita. I numeri del commercio marittimo internazionale così come quello nazionale, sono tornati a crescere superando quelli del pre-pandemia. Il Review of Maritime Transport della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (UNCTAD), ha pubblicato alla fine dello scorso anno un report delle statistiche sul traffico marittimo del 2020 e ha diramato le proiezioni sugli andamenti 2021-2026, prevedendo una flessione dell’aumento dal 4,3 % del 2021 al 2,2% del 2026.
Ciò a cui abbiamo assistito nel 2021 è stato un vero e proprio caos dell’industria della logistica senza precedenti, mosso da un’enorme domanda di beni che incontrando un’offerta insufficiente ha stressato fortemente il mercato e la catena di approvvigionamento, che fino a quel momento aveva prevalentemente ricorso al just in time. Impossibilitati a muoverci, viaggiare e fruire dei servizi più disparati, negli ultimi due anni abbiamo speso soldi più in beni che in servizi, abbiamo più e più volte ricorso allo shopping online da casa dove abbiamo trascorso la gran parte del nostro tempo.
Il risultato è sotto agli occhi di tutti noi che ogni giorno frequentiamo luoghi portuali delle nostre città e viene chiamato sempre per dirla all’inglese: port congestion. Assistiamo inermi a questo fenomeno vedendo le rade dei più grandi porti del Mondo, dagli USA al Far East passando per il continente Europeo riempirsi di navi in rada in attesa di ormeggio disponibile. Si stima che il 10% della flotta globale boxship – o 2,53 milioni di teu – si trovi attualmente bloccato in un porto.
Per spiegare la situazione che sta affliggendo il sistema logistico in questo ultimo anno, occorre imprescindibilmente considerare anche l’aumento dei noli marittimi che leggermente diminuiti alla fine dello scorso anno sono nuovamente cresciuti con l’inizio del 2022. Le tariffe dei noli oceanici sono ancora di gran lunga superiori ai livelli pre-pandemia. Il Shanghai Freight Index ha fatto segnare un rincaro del 600% tra il 2019 e il 2021.
Le continue chiusure dei porti principali con brevissimo preavviso a causa di focolai locali di COVID-19, la contrazione del mercato del lavoro e la carenza di forza lavoro nei porti a causa della pandemia prevalente hanno causato un forte rallentamento nei porti operativi; il prezzo del carburante marittimo sempre più alto che aggrava gli oneri trasferiti, dagli armatori agli spedizionieri e, infine, agli acquirenti; la forte domanda dovuta alla spesa dei consumatori in aumento, anche se la capacità dei container è limitata. Tutto ciò ha comportato un enorme aumento dei costi di trasporto marittimo nel 2021. E non a caso il colosso francese CMA CGM ha già annunciato che applicherà un surcharge ad hoc per i trasporti effettuati dall’ Euro Zona agli Stati Uniti durante la Peak Season. Colosso che però della crisi pare aver ben poco risentito, anzi. Nel 2021, i vettori di trasporto marittimo hanno raggiunto un record di 150 miliardi di dollari di profitti. Si tratta di un aumento di oltre il 900% rispetto all’anno precedente.
La pandemia e le successive interruzioni dell’approvvigionamento globale hanno portato i vettori ad avere una posizione di comando nei negoziati. Sebbene a gennaio di quest’anno si sia registrato un calo del 3,6% nel trasporto marittimo di merci con contratto a lungo termine, i vettori continuano ad avere il sopravvento nelle trattative a causa della congestione portuale e della ridotta capacità dei container.
I rapporti mostrano che le tariffe dei contratti a lungo termine tra vettori e caricatori sono stimate pari al 200% in più rispetto a un anno fa. Secondo il Wall Street Journal, le tariffe annuali dei contratti raddoppieranno rispetto agli accordi presi all’inizio di quest’anno.
Ai fattori già esposti si aggiunge che attualmente, con beneplacito espresso dall’U.E. con la proroga fino al 2024 del Block Exemption Regulation BER che di fatto esonera le grandi alleanze di più grossi vettori del Mondo dalle indagini antitrust, sia stato legalizzato un oligopolio armatoriale che controlla fino al 80% del volume di trasporto mondiale dei beni di consumo. Gli armatori più grandi oggigiorno sono dei consolidati gruppi logistici che però al contempo forniscono anche servizi spedizionieristici, trasporto, movimentazione, carico e scarico merci fino all’espletamento di formalità doganali. Il problema è che questi consorzi che pagano tasse ridicole. Secondo Fedespedi, l’aliquota media sul reddito applicata è intorno al 7%. Per gli spedizionieri invece è in media del 27%. Come espongono da tempo quasi tutti gli operatori del trasporto, insomma, il problema è che gli armatori si muovono in un contesto privilegiato, concorrendo con chi questi privilegi non li ha.
Questo contesto non potrà consentire una crescita omogenea tra gli operatori e i Paesi del Mondo. Si prevede che poi il costante aumento di noli minerà la ripresa economica dei Paesi in via di sviluppo perché la loro crescita dipende anche dai collegamenti marittimi efficienti e regolari.
Ma allora cosa servirebbe per tornare alla normalità, premesso che ai livelli pre-crisi non si tornerà più?
Probabilmente occorrerebbe puntare investimenti in nuove soluzioni, tra cui infrastrutture, tecnologia del trasporto e digitalizzazione. Se pensiamo che l’aumento dei noli marittimi ha anche influito sulle dimensioni delle navi di nuova costruzione provocando quel fenomeno denominato gigantismo navale che permette di spalmare i costi del trasporto su più carico, questo necessariamente deve far riflettere sulle dimensioni dei nostri porti, in futuro porti piccoli o con pescaggi ridotti saranno tagliati fuori dalle rotte principali a causa dell’indisponibilità ad accogliere i giganti del mare. Per questo occorre investire nel miglioramento del flusso logistico portuale, nell’ammodernamento delle infrastrutture fisiche e diglitali, avere porti sempre più connessi grazie a sistemi quali la blockchain, lo sportello unico, le procedure digitali di espletamento della burocrazia doganale.
A tutti questi interventi dovrà poi sommarsi una politica lungimirante che non escluda una riorganizzazione delle politiche statali relative ai porti e che faccia dello snellimento del permitting il proprio faro.
Dott.ssa Annagiulia Randi, Assessore del Comune di Ravenna con deleghe a Sviluppo economico, Commercio, Artigianato, Industria, Porto, Politiche europee e cooperazione internazionale.