Ai sensi dell’articolo 69, primo comma, D.P.R. 633/1972 l’imposta è commisurata, con le aliquote indicate nell’articolo 16, al valore dei beni importati determinato ai sensi delle disposizioni in materia doganale, aumentato dell’ammontare dei diritti doganali dovuti, ad eccezione dell’Iva, nonché dell’ammontare delle spese di inoltro fino al luogo di destinazione all’interno del territorio della Comunità.
Questo incipit di tipo normativo si ritiene necessario per argomentare quanto dibattuto all’interno della sentenza della Corte di Cassazione n. 23034/2015, in merito ad un accertamento nei confronti di una società esercente attività di trasporti marittimi. L’Agenzia delle entrate contestava, in riferimento alle prestazioni di trasporto internazionale dei beni in importazione, il fatto che all’atto di ingresso degli stessi nel territorio dello Stato, la contribuente non avesse previamente appurato che il corrispettivo, dovuto per la tratta nazionale, fosse stato dichiarato in sede doganale. Rilevante è stata la pronuncia della CTR Friuli Venezia Giulia, la quale ha affermato che “nel panorama normativo non rientra tra gli obblighi del vettore marittimo accertare e documentare l’effettivo assoggettamento ad IVA da parte della dogana della merce trasportata che non viene sdoganata da tale soggetto, ma è a carico dell’importatore che deve tener conto anche del costo del trasporto per determinare il valore doganale del prodotto”.
Da come si intuisce, l’oggetto della controversia si configura nel riconoscimento al vettore dell’incombenza relativa all’assoggettamento ad Iva da parte della dogana della merce trasportata. La sentenza citata contiene una lunga disamina che parte innanzitutto dall’analisi dell’articolo 9, primo comma numero 2), D.P.R. 633/1972, il quale attualmente stabilisce che i trasporti relativi a beni in esportazione, in transito o in importazione temporanea, nonché i trasporti relativi a beni in importazione i cui corrispettivi sono assoggettati all’imposta a norma del primo comma dell’articolo 69 costituiscono servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali non imponibili.
Attraverso l’analisi congiunta dell’articolo 69 e dell’articolo 9 viene assunta la tesi secondo la quale nel momento in cui si sostengono delle spese di inoltro fino al luogo di destinazione all’interno del territorio della Comunità, queste concorrono a formare la base imponibile ai fini della dichiarazione di valore che l’importatore è tenuto a rendere all’atto dello sdoganamento dei beni importati. Alla luce di ciò le spese di trasporto su tratta nazionale, essendo già ricomprese all’interno della dichiarazione doganale, sono escluse da imponibilità.
La pronuncia tra le varie motivazioni addotte segnala che:
• affinché sia possibile rivendicare da parte del vettore la non imponibilità della prestazione, è necessario dimostrare che la stessa è stata inclusa nella dichiarazione doganale;
• il vettore non può limitarsi ad affermare la non imponibilità, dovendo invece provare che l’operazione si conclude con la consegna dei beni importati presso il luogo di destinazione finale.
Si noti che secondo la definizione adottata dal punto 18 dell’art. 4 del Regolamento CEE 2913/1992 (c.d. codice doganale) il dichiarante è la persona che fa la dichiarazione in dogana a nome proprio ovvero la persona in nome della quale è fatta una dichiarazione in dogana. La sentenza infatti in tema di trasporto franco destinazione (trasporto comprensivo anche della tratta territoriale) riporta l’ipotesi nella quale è lo stesso importatore, in sede di dichiarazione del valore doganale, a stabilire il carattere “franco-destinazione” dello stesso. La citata decisione non esclude quindi, in tale ultima sede, la possibilità di comunicazione da parte dell’importatore.
Nonostante ciò si è prescritto che la prova da fornire appartenga a tutti gli effetti al vettore, considerazione avvalorata ulteriormente dal periodo di seguito riportato: “Èproprio il panorama normativo miscononosciuto dalla CTR che porta a credere che il vettore possa andare libero dall’obbligo di assolvere il debito di imposta in conseguenza dell’inquadramento della prestazione nell’ambito previsionale dell’art. 9, comma 1, n. 2, D.P.R. n. 633, a condizione che il relativo corrispettivo sia stato tassato a norma del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 69, comma 1”. Pertanto, da quanto si evince, è la norma stessa che rende il vettore esclusivamente “responsabile” in sede di dichiarazione doganale.