di Daniele Spagnol
Diverse sono le segnalazioni che pervengono alle varie Associazioni territoriali degli spedizionieri Doganali per la diversa interpretazione che se ne fa in relazione alla cd “procedura di ricerca”. Ed in effetti non a torto. Ci troviamo infatti davanti a due fonti; la prima, sicuramente più autorevole per la sua portata di atto giuridico vincolante, dettata dall’art. 335 del Regolamento di esecuzione 2447/15 e la seconda dalla nota “interpretativa” n. 127037/RU del 11.11.2016 dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli. Beh, vediamo di fare un po’ come quel gioco “trova le differenze”, passatempo facile da sotto l’ombrellone. Partiamo dal R.E 2447/15 e vediamolo nella parte dei documenti richiesti quali prove sono considerate alternative a dimostrazione che le merci hanno lasciato la comunità. La U.E ci chiede:
a) una copia della bolla di consegna firmata o autenticata dal destinatario fuori dal territorio doganale dell’Unione;
b)la prova del pagamento;
c)la fattura;
d)la bolla di consegna;
e) un documento firmato o autenticato dall’operatore economico che ha portato le merci fuori dal territorio doganale dell’Unione;
f) un documento trattato dall’autorità doganale di uno Stato membro o di un paese terzo, in conformità delle norme e delle procedure applicabili in tale Stato o paese;
g) le scritture degli operatori economici relative alle merci fornite a navi, aeromobili o impianti offshore.
Vediamo ora come l’Agenzia delle Dogane esplicita lo stesso concetto con la sua nota. “ Tale documentazione è costituita dalla fattura e dalla prova del pagamento unitamente a:
copia della bolla di consegna firmata o autenticata dal destinatario fuori dal territorio doganale dell’Unione oppure un documento di trasporto firmato dal vettore che ha portato la merce fuori dal territorio doganale dell’Unione ovvero copia della dichiarazione doganale di importazione presentata nel Paese terzo”. Differenze? Tante.
Tante perché il Regolamento di Esecuzione, prima di enunciare i vari documenti richiesti, li anticipa con una doverosa prefazione, che guarda caso è scomparsa nella nota. Vediamola: “Se l’ufficio doganale di esportazione informa il dichiarante che l’ufficio doganale di uscita non ha risposto entro il termine di cui al paragrafo 3,( abbiamo omesso l’articolo nella sua completezza) il dichiarante può fornire all’ufficio doganale di esportazione la prova che le merci hanno lasciato il territorio doganale dell’Unione.
Tale prova può essere fornita in particolare mediante uno dei seguenti elementi o mediante una combinazione degli stessi”. Che cosa vuol dire? Semplicemente che uno dei documenti alternativi potrebbe già di per sé essere esaustivo allo scopo. Ma se proprio preso isolatamente non risultasse ancora del tutto sufficiente allora lo si può combinare con un altro ( o più). Insomma una visione generale di “successione di prove” in mancanza della “prova regina”. Vediamo invece come l’Agenzia già trasforma la possibilità di fornire copia del pagamento in uno dei documenti da produrre obbligatoriamente aggiungendo una semplicissima congiunzione. Una “e” che obbliga l’esportatore a produrre anche la prova del pagamento. Ma perché? Ma se la forma di pagamento fosse la compensazione? E se nel mentre la merce esce dalla UE il cliente finale fallisce o non vuole più pagare, che pagamento si può produrre? Alcune dogane poi personalizzano ancor con più fantasia i propri avvisi di ricerca. Vediamo un esempio di come una dogana nazionale si esprime. Richiede:
a) La prova del pagamento e la fattura di vendita;
b) Copia della bolla di consegna internazionale ( diverso da ddt nazionale) firmata/autenticata dal destinatario fuori dal territorio della Comunità oppure un documento di trasporto internazionale (CMR, Waybill…) con attestazione di arrivo a destino del rappresentante del vettore.
Mamma mia! A parte il punto a) già arricchito come abbiamo visto dalla comparsa della famosa ‘e’ il punto b) è un’opera d’arte. La bolla di consegna diventa ‘internazionale’ (posto che ancora non si è capito cosa sia una bolla di consegna). Compare pure una slash tra ‘firmata/autenticata’ così da non capire se rappresenta un’alternanza dei documenti o il fatto che debbano essere sia firmati che autenticati (dal Console?). Per finire il documento di trasporto internazionale (CMR, Waybill….) con attestazione di arrivo a destino. Posto che i ‘puntini’ equivalenti all’eccetera non sono giuridicamente accettati resta da capire come e chi firmerà per ricevimento la Waybill (il pilota?). Diciamo quindi che il tutto va rivisto secondo un’ottica di assoluta ragionevolezza. Il senso del legislatore comunitario è chiaro. L’uscita della merce della UE deve essere considerata avvenuta quando si ha ragione di pensare che sia così, con l’esibizione di prove alternative che dimostrino in modo logico e sequenziale tutta la filiera intervenuta. Non si può disconoscere un’esportazione per la mancanza di un documento richiesto quando l’intera operazione è inequivocabile. Facciamo un po’ d’ordine quindi. Senza troppe fantasie e protagonismi territoriali.